Cari lettori e cari amici, è passato un anno dal momento in cui, nell’iniziale disattenzione, bussava alle porte del mondo questa terribile pandemia. Al momento in cui questo editoriale viene scritto i dati ci dicono che si è portata via 2.665.354 vite ed ha colpito più di 104 milioni di abitanti del pianeta. Un pensiero va agli anziani che hanno concluso da soli la loro strada, a quei lavoratori della sanità e dell’assistenza che sono stati sconfitti mentre erano impegnati nella quotidiana e silenziosa battaglia per aiutare gli altri, a quei giovani e ai bambini che inaspettatamente hanno visto chiudersi i propri sogni. Un grazie a medici e scienziati che ci hanno ridato una speranza per il futuro, ma anche a quelle aziende che in pochi mesi sono riuscite a realizzare i vaccini che ci salveranno. Loro chiediamo un ulteriore impegno etico, di garantire a tutti i cittadini del mondo l’accesso al vaccino.
La quantità di articoli scientifici pubblicati in questi 12 mesi sul tema COVID-19 è impressionante, si fa fatica a seguire la letteratura ed in particolare il suo valore, garantito dal percorso di peer review. Carente in questo contesto è però un tentativo d’analisi ed un bilancio di quello che la pandemia ha voluto dire per i malati rari: poco esiste. Alla preoccupazione iniziale di pazienti, famiglie e curanti apparentemente non è corrisposta una ripercussione negativa sull’erogazione delle cure ed il mantenimento degli standard assistenziali adeguati.
La situazione di stress e di rischio ha stimolato nuove modalità di lavoro, sperimentate con successo nell’industria e nella scuola ed ha portato a maturare l’applicazione della telemedicina, o meglio delle cosiddette app mediche, nella cura dei malati rari, che rimarranno certamente utili anche ad emergenza finita.
Un esempio è lo sviluppo della AGIkit-app, risultato di un lavoro congiunto tra l’Associazione Italiana Glicogenosi e l’Associazione Italiana di Miologia. Si tratta di uno strumento che collega pazienti e centri di cura e permette di intervenire in situazioni di difficoltà clinica ed assistenziale. Il risultato è stato recentemente illustrato alla comunità scientifica internazionale dai professori Corrado Angelini e Gabriele Siciliano in un loro recente lavoro apparso su European Journal of Translational Myology. I due clinici auspicano l’utilizzo di questa app, che ogni paziente può scaricare sul proprio smartphone, anche per altre patologie di ambito neuromuscolare.
In passato esperienze simili, il più delle volte sostenute da aziende farmaceutiche, sono state tentate nel campo di altre patologie metaboliche, ma con scarso successo. Un insuccesso dovuto in molti casi sia ad una scarsa dimestichezza dei pazienti e medici con i mezzi informatici, sia alla facilità di accedere ai servizi assistenziali e ai centri clinici esperti.
Come la storia ci insegna, i momenti di crisi aprono sempre nuove vie, in questo caso la diffusione dell’information technology (IT) è stata una necessità ed un momento di progresso per il nostro Paese. Lanciamo un sasso: un’analisi sugli strumenti IT rivolti ai pazienti per la gestione quotidiana delle malattie rare potrebbe essere un campo d’indagine da approfondire ed utile alla comunità. I ricercatori di sicuro saranno sensibili, sarebbe auspicabile che altrettanto sensibili a raccogliere questo stimolo possano essere i decision maker in politica sanitaria.
Rimanendo nel campo dell’IT, il 2020 è stato un anno positivo per la nostra rivista. Il sito web è stato visitato complessivamente da 82.211 utenti individuali, con un aumento del 40% di download rispetto all’anno precedente, che si è tradotto in più di 7000 pubblicazioni scaricate. Un ulteriore elemento di positività è osservare che lo sforzo di diffusione fatto per toccare tutte le aree del Paese sta dando i suoi frutti. Prevalgono sempre le visite provenienti da aree geografiche del nord Italia, 46,6%, ma a differenza del passato la maggioranza complessiva dei contatti arriva dalle altre regioni: 32,2% da quelle del Centro e 21,3% da quelle del Sud.
Una criticità rimane la prevalenza nel contributo alla realizzazione scientifica della rivista di articoli proposti da ricercatori e centri delle aree settentrionali. Questa consapevolezza rafforza il nostro impegno a coinvolgere le eccellenze presenti su tutto il territorio nazionale, ben consci della ricchezza della ricerca scientifica e dell’impegno clinico-assistenziale esistente.
Bruno Bembi