Grünert SC et al. Orphanet Journal of Rare Diseases (2020) 15:218
In questo recente lavoro viene presentato il caso di una paziente adulta affetta da glicogenosi Ib (GSD Ib) trattata con empagliflozin, mostrando gli effetti su neutropenia/disfunzione neutrofila e malattia infiammatoria cronica intestinale (IBD).
In corso di terapia con empagliflozin si manifestano:
Una paziente di 35 anni affetta da glicogenosi Ib, presenta neutropenia (trattata con G-CSF dall’età di 9 anni) e IBD ed è in terapia dietetica (pasti frequenti diurni e nutrizione enterale notturna). All’età di 25 anni viene sottoposta a colectomia subtotale (stenosi del colon trasverso ed ascessi multipli). Nel corso del follow-up si osservano buon controllo metabolico, splenomegalia e trombocitopenia. A causa della IBD e dello scadimento delle condizioni cliniche generali, all’età di 33 anni viene sottoposta ad estesa resezione ileodigiunale. Si osserva progressiva deiscenza della ferita chirurgica (persistente oltre 1 anno dopo l’intervento). Per la presenza di 10-11 evacuazioni liquide die (CDAI:398), persistenza della ferita chirurgica e bassa qualità della vita viene avviato trattamento off-label con empagliflozin (10 mg/die).
Non si verificano eventi avversi (infezioni urogenitali, episodi significativi di ipoglicemia, chetoacidosi). Le concentrazioni di albumina ed emoglobina restano normali. Persistono la trombocitopenia e la splenomegalia. La dieta resta invariata. Si osserva una relativa stabilità della conta dei neutrofili, anche dopo la progressiva sospensione del G-CSF (dopo 41 giorni di trattamento). Si verificano inoltre una riduzione del CDAI (184) e della frequenza evacuativa (5-7/die) e una riduzione della ferita della parete addominale. Dopo 1 mese di trattamento la dose di empagliflozin viene aumentata a 20 mg/die. Dopo 50 giorni di trattamento viene inoltre valutata la funzione dei neutrofili: l’apoptosi e la produzione di ROS (basali e sotto stimoli) nei polimorfonucleati della paziente appaiono paragonabili ai controlli.
Empagliflozin si è mostrato sicuro ed efficace in una paziente con GSD Ib. In particolare, è stato possibile sospendere la terapia con G-CSF dopo 25 anni. Poiché ciò non è possibile in tutti i pazienti con GSD Ib trattati con empagliflozin, la ragione di queste differenze (es. genotipo) dovrà essere chiarita. Nel caso riportato si è inoltre osservata normale funzione dei neutrofili in corso di empagliflozin. Tuttavia, la mancanza di dati su funzionalità pre-trattamento, concentrazioni di 1,5-anidroglucitolo 6-fosfato (il cui accumulo causa la neutropenia) e funzione renale (si veda l'articolo Empagliflozin nella glicogenosi tipo Ib: un successo della medicina traslazionale), richiede ulteriori studi per fornire l’adeguato substrato patogenetico a supporto di tale terapia.
In questo caso si è osservato inoltre un miglioramento dei sintomi legati alla IBD e la guarigione della ferita chirurgica addominale. Considerato l’andamento intermittente dei sintomi, l’assenza di dati morfologici (es. colonscopia, risonanza magnetica) e la normalità dei dati biochimici (es. emoglobina, calprotectina fecale) già prima del trattamento, ulteriori evidenze sono necessarie per confermare il possibile effetto di empagliflozin anche sull’IBD.
In conclusione, è opportuna la raccolta sistematica dei dati relativi all’utilizzo di empagliflozin per confermarne sicurezza ed efficacia.