Le Malattie Metaboliche Ereditarie sono malattie genetiche dovute ad alterato funzionamento di una specifica via metabolica. Dall’agosto 2016 la Legge 167 ha reso obbligatorio lo Screening Neonatale Esteso (SNE) per l’identificazione fin dai primi giorni di vita di 45 di queste patologie, permettendo trattamenti precoci: organico acidurie, difetti di ossidazione degli acidi grassi, aminoacidopatie, difetti del ciclo dell’urea, galattosemia e deficit di biotinidasi (1). A breve verranno incluse anche alcune malattie lisosomiali, malattie del sistema immunitario (ADA-SCID) e neurologiche (SMA e X-ALD).
L'obiettivo dello SNE è riuscire a richiamare solo i bambini affetti riducendo il numero dei falsi positivi (2). Fondamentale è la telefonata a domicilio per avvertire i genitori che il bambino dovrà eseguire degli accertamenti di conferma diagnostica: chi la effettua deve essere preparato in modo specifico (3). Idealmente andrebbero creati momenti informativi per i genitori prima del parto perché la telefonata non sia totalmente inaspettata (Tab. 1).
Una diagnosi vicina al parto è destabilizzante: la gravidanza crea nei genitori aspettative. Per questo l’accoglienza in ospedale dovrebbe rispondere ai bisogni emotivi: sono importanti sia il luogo nel momento della comunicazione per far sentire i genitori a proprio agio che il tempo dedicato. Il linguaggio deve essere chiaro e semplice (Tab. 2).
L'impatto di una diagnosi di malattia metabolica ereditaria è profondo, e infatti aumenta il rischio di depressione e di crisi di coppia. Una diagnosi precisa e in tempi rapidi può ridurre tali effetti. Fondamentale è la coerenza comunicativa. Va spiegato che le mutazioni genetiche alla base delle patologie metaboliche non sono una "colpa". Ai genitori interessa più conoscere l'evoluzione clinica che avere una “foto istantanea”. Spesso però gli operatori dispongono di pochi dati prognostici (4,5). Al termine del colloquio è importante fornire ai genitori tutte le informazioni utili ed essenziali.
La filosofia della narrazione ha come obiettivo il prendersi cura dell'unicità delle persone e delle storie di vita. Una storia di vita è sempre unica e irripetibile, e in quanto tale merita di poter essere tradotta in parole (6,7). La narrazione diventa strumento di miglioramento della qualità nella comunicazione delle emozioni. La raccolta delle narrazioni permette di osservare un senso di colpa che si genera nel genitore perché queste sono patologie ereditarie e quindi trasmesse; l’obiettivo è far ri-scrivere una narrazione integrata da tutti i professionisti della cura che cercheranno di contribuire allo sviluppo della storia presente e futura del bambino (8).
L’alleanza terapeutica e l’ascolto empatico sono i due approcci fondamentali (5) che lo psicologo utilizza per la presa in carico. L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una tecnica efficace per l’elaborazione dei vissuti traumatici, come quelli derivanti dalla comunicazione della diagnosi, evento codificato come “T”, che rimane in memoria per sempre, così come le cure previste e gli interventi necessari. L’EMDR è una terapia interattiva standardizzata. Dopo un evento traumatico il nostro cervello va incontro a una serie di reazioni fisiologiche da stress che nel 70-80% dei casi si risolvono naturalmente. Se non avviene, si può instaurare un PTSD (Disturbo Post-Traumatico da Stress). La sofferenza si mantiene dopo molto tempo, come se la persona continuasse a vivere l’esperienza del passato. L’EMDR, attraverso i movimenti oculari guidati, è efficace nella rielaborazione della diagnosi e dei ricordi legati ai momenti peggiori della cura, come i prelievi, l’esecuzione dello spot (spesso riportato come traumatico) o altro (9).
La dieta per alcune malattie è complessa. Ad esempio può escludere o limitare nutrienti come galattosio per galattosemia o fenilalanina per fenilchetonuria. Il dietista ha gli obiettivi di educare caregiver e paziente, accogliere le loro difficoltà e valorizzare le motivazioni (13). La famiglia influenza le abitudini alimentari (10). Una relazione positiva con il cibo è importante in termini di comportamento, preferenze e socializzazione. Un equilibrio che può essere ostacolato da eccessivo controllo o indulgenza. Essere caregiver o avere una malattia metabolica ereditaria vuol dire imbattersi in ambiguità come l’incertezza del futuro, la limitata conoscenza della patologia da parte della società e dei mass media, e in informazioni talvolta contrastanti che provengono dai centri clinici (11-12). La comunicazione è parte della cura (5) e influenza l’aderenza alla terapia dietetica (Tab. 3).
Progetti educativi e di sostegno, come quelli sviluppati dal Centro Regionale di Diagnosi e Cura delle Malattie Metaboliche Ereditarie di Verona, vogliono rispondere all’esigenza di supporto e di apprendimento di competenze (Tab. 4). A livello di formazione nelle scuole è cruciale confrontarsi con tutti gli aspetti della vita del paziente. I piccoli pazienti devono rapportarsi agli altri bambini (14) e lo stesso personale deve trovarsi preparato. Per questo è necessario stimolare l’inclusione con tutti gli strumenti a disposizione: formazione per i cuochi delle mense, indicazioni sugli alimenti, incontri di letture che permettano di evidenziare difficoltà e risorse condivise. Infine i laboratori narrativi, dove lo strumento libro incentiva la comunicazione emotiva e dove la presenza di un facilitatore, competente e formato, può fornire un linguaggio adatto a sviluppare meccanismi nuovi, utili ad affrontare i momenti di difficoltà che la malattia comporta (15).
Il tempo dedicato e l'importanza delle parole nello scambio comunicativo fin dai primi momenti dell’accoglienza sono fondamentali. La loro dignità è equiparabile ai provvedimenti diagnostici e terapeutici, e ne amplifica l’efficacia. È importante monitorare con studi prospettici i fattori modificabili legati al processo comunicativo dello screening neonatale che impattano sulla famiglia, e quindi, influenzano sia l’apprendimento di informazioni legate alla patologia e al suo trattamento, che il vissuto psicologico. Una maggiore conoscenza e coinvolgimento da parte dei pediatri di famiglia, dei neonatologi, dei ginecologi e delle ostetriche nel programma di SNE, al fine di promuovere cultura dello screening neonatale e percorsi per informare i futuri genitori durante la gravidanza, può migliorare l’impatto comunicativo del richiamo, dei falsi positivi e anche di coloro che sono realmente affetti.
Si ringrazia AISMME (Associazione Italiana per il Sostegno delle Malattie Metaboliche Ereditarie) per la promozione continua di attività e progetti educativi dedicati ai pazienti e alle loro famiglie.