Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia autoimmune, cronica e multisistemica che può avere un impatto significativo sulla salute mentale, oltre che sulla salute fisica, delle persone affette per la sua presentazione clinica multiorgano, per il decorso imprevedibile e per le riacutizzazioni dopo periodi di stabilità o remissione (1).
È una malattia del tessuto connettivo, il suo sviluppo è influenzato da una combinazione di fattori genetici, ambientali e immunologici (Fig. 1). È distribuita in tutto il mondo, colpisce entrambi i sessi, tuttavia l’epidemiologia rivela alcune caratteristiche chiave riguardo alla sua diffusione e alla popolazione colpita. La malattia, infatti, colpisce in modo sproporzionato le donne in età fertile ed alcune etnie.
Poiché la prognosi e l’aspettativa di vita dei pazienti affetti da LES sono significativamente progredite è divenuto essenziale porre attenzione al miglioramento della qualità di vita e al benessere psicologico dei pazienti (2). Uno studio giapponese ha evidenziato che, nelle scale per la misurazione della qualità di vita (HRQOL), tre domini risulterebbero essenziali e predittivi rispetto agli outcome (3). Si tratta di domini essenziali per la vita delle persone con una specifica rilevanza identitaria e sono attinenti a salute fisica, aspetti cognitivi e procreazione (Fig. 2). L’osservazione empirica delle pazienti e dei pazienti affetti da LES seguiti in psicoterapia trova un valido riscontro in tali dati di ricerca. Di seguito verranno descritti questi domini per evidenziarne l’impatto psicologico. Accanto a manifestazioni di ansia e depressione conclamate esistono infatti elementi di fragilità sub clinica che contribuiscono ad alimentare il disagio esperito dai pazienti e che possono in alcuni momenti esacerbarsi in forme di malessere o in malattia psichica vera e propria.
La compromissione della salute fisica e le conseguenti limitazioni incidono direttamente sulle attività quotidiane e sul lavoro rendendo necessario un progressivo adattamento che si accompagna a riduzioni nelle ore lavorative, cambiamenti nelle mansioni o nella tipologia di lavoro stesso con conseguenze finanziarie e professionali. Le limitazioni fisiche, inoltre, possono portare a isolamento sociale per la presenza dei sintomi fisici o per il progressivo ritiro sociale conseguente all’insorgenza di sintomi depressivi connessi a insoddisfazione, tristezza, rabbia ed impotenza e ad una condizione di ansia per l’incertezza legata al futuro.
Per quanto concerne gli aspetti cognitivi, sebbene siano note le disfunzioni cognitive nei casi di LES, sembra non esservi ancora un’attenzione specifica volta a mitigare gli effetti negativi e psicologici su alcuni disturbi quali “la nebbia cerebrale”, la difficoltà di concentrazione, la fatigue, l’irritabilità, i sintomi depressivi e il conseguente disagio psicologico sulle prestazioni professionali e sociali. In particolare la fatigue, quella stanchezza sproporzionata all’entità dell’impegno fisico, avvertita soggettivamente e riportata come sintomo primario da un paziente su due, va considerata come fenomeno multidimensionale che si sviluppa nel tempo riducendo progressivamente i livelli di energia e che si accompagna alla difficoltà di organizzazione mentale (4) nello svolgimento di una determinata attività, ad una fragilità emotiva che priva l’individuo di una spinta ad intraprendere una qualsivoglia attività, a depressione e alla qualità del sonno. I disturbi del sonno sono segnalati dalla maggior parte dei pazienti affetti da lupus e sembrano essere associati all’attività della malattia, all’uso di farmaci ma anche alla componente depressiva ed ansiogena (5). La privazione del sonno sembra essere un predittore di malattia così come la componente onirica, riscontrata in una percentuale molto alta di pazienti (5), caratterizzata da incubi vividi e angoscianti come attacchi, intrappolamenti, sensazioni di schiacciamento o cadute; la comparsa di tali sintomi risulta presente più di un anno prima della diagnosi (6).
Infine l’ultimo dominio è quello associato alla procreazione, tematica identitaria molto forte che può essere fonte di molta ansia. Se il lupus coinvolge prevalentemente le donne in età fertile, il suo impatto sul desiderio di maternità incide in maniera significativa. La malattia influenza in modo determinante la pianificazione e il destino di una gravidanza che in molti casi costituisce un bisogno clinico di importanza pari al controllo della malattia stessa (7). La gravidanza in pazienti affette da lupus, per i rischi associati, può essere vissuta con alti livelli di preoccupazione e stress e rende ancora più necessario un supporto psicologico che si accompagni alla gestione clinica.
Tenuto conto dell’impatto che la malattia ha sulla vita delle persone coinvolte e sul benessere complessivo, l’intervento psicologico può fornire strumenti per gestire le sfide emotive e pratiche, offrendo uno spazio sicuro per esprimere emozioni e preoccupazioni, migliorando la propria resilienza e sostenendo i progetti di vita più significativi che, al tempo stesso, sollecitano sentimenti di angoscia. Prendersi cura della propria salute psicologica deve consentire alle persone affette da LES di “ridefinire” il proprio stile di vita, riducendo il controllo ossessivo sui sintomi e migliorando al contempo la cura di sé stessi, mantenendo un livello adeguato di attività fisica e di relazione evitando in tal modo il progressivo isolamento o l’impoverimento della socialità (1).
La possibilità che le persone affette da lupus possano essere seguite anche da un punto di vista psicologico nel centro di riferimento, permetterebbe di comprendere, ad esempio, che una varietà di sintomi psichici sono comuni e prevedibili e possono essere mitigati con opportune tecniche.
L’intervento psicologico, se offerto nel luogo di cura della malattia, può essere accettato anche dalle persone più difese e refrattarie ai trattamenti psicologici in quanto considerato parte essenziale della cura.