Il valore della ricerca scientifica e della sperimentazione clinica è riconosciuto dal Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche (1), ma quale ruolo svolgono gli infermieri in questo ambito? E, soprattutto, nel panorama nazionale e internazionale possiedono adeguata formazione per occuparsi di studi clinici, particolarmente complessi nelle malattie rare?
Va ricordato che l’ambito nel quale si è per prima sviluppata la figura dell’infermiere di ricerca è stato quello oncologico (2). Nel tempo, la letteratura scientifica si è arricchita di contributi (3-11) volti a descriverne le competenze in differenti sistemi sanitari e scenari clinici (Tab. 1).
Per quanto riguarda le malattie rare, l’analisi dei siti web delle 24 Reti di Riferimento Europee (European Reference Networks, ERN) evidenzia che proprio agli infermieri è dedicata una florida attività di formazione.
Le finalità delle ERN comprendono il facilitare la discussione su malattie rare complesse, la condivisione di buone pratiche e la promozione di formazione, informazione e ricerca.
L’eterogeneità delle malattie considerate richiede peraltro una programmazione di percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali altamente specializzati e questi network non possono esimersi da un approccio multidisciplinare e multiprofessionale.
In tale panorama, fra gli operatori attivi nei Centri che aderiscono alle ERN (Health Care Providers, HCP; Affiliated Partner, AP) si nota purtroppo l’assenza di infermieri, mentre hanno questo tipo di professionalità alcuni dei rappresentanti dei pazienti (European Patient Advocacy Group, e-PAG).
Il contributo degli infermieri nelle reti ERN non è quindi correlato alla loro specifica competenza e favorirne la rappresentanza in gruppi di lavoro multiprofessionali apporterebbe un valore aggiunto al network stesso.
L’infermieristica moderna si basa sull’utilizzo di metodologie validate, flessibili e adattabili al contesto clinico in cui opera, pianificate per obiettivi e interventi mirati e verificati. Tali processi sono, quindi, parte di un approccio con metodo scientifico, applicabile alle problematiche di salute più comuni, così come ai peculiari bisogni di cura delle persone con malattie rare.
Per quanto riguarda la formazione accademica, è senz’altro necessario potenziarne i percorsi: gli studenti in infermieristica sono fra quelli che hanno minore possibilità di ricevere informazioni sulle malattie rare (12).
Che sia giunto il tempo di agire su tale aspetto, in Europa e non solo, lo descrive anche un recente lavoro nel quale questo gap di conoscenze è evidenziato a più livelli, comprendendo studenti in discipline sanitarie, infermieri e medici (13).
Dando uno sguardo alla situazione italiana, implementare la formazione universitaria e promuovere l’aggiornamento degli operatori sanitari sulle malattie rare, è fra gli obiettivi del Piano nazionale malattie rare 2023-2026.
Inoltre, fra i requisiti minimi richiesti da AIFA alle strutture sanitarie per svolgere studi clinici di Fase I, viene indicata “la presenza nell’organico di almeno un infermiere di ricerca con titolo […] e documentata formazione […] nelle Good Clinical Practice (GCP)”– (Determina n.809/2015).
Effettivamente, sono disponibili percorsi post-laurea (Master di I° e II° Livello) rivolti anche agli infermieri, dedicati alla ricerca clinica e alle malattie rare. L’obiettivo è raggiungere competenze elevate, sensibilizzando alla cultura della ricerca e dell’innovazione, secondo standard qualitativi come quelli previsti dalle GCP.
In Tabella 2 è proposta una panoramica delle principali disposizioni e tappe formative degli infermieri di ricerca.
Occuparsi di ricerca clinica, anche per gli infermieri, significa dare voce a risposte inevase, chiarire dubbi e verificare processi.
Se possibile, “l’avventura” è resa più complessa quando si studiano le malattie rare.
Presso il Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare Aldo e Cele Daccò dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, da circa 30 anni gli infermieri di ricerca fanno parte del team sanitario.
Sono professionisti che hanno sviluppato e affinato competenze in diversi ambiti della sperimentazione clinica, con particolare riferimento ai progetti sulle malattie rare studiate presso il Centro (https://www.marionegri.it/).
Attualmente, sono infermieri di ricerca i responsabili di 2 Unità Complesse che si occupano, ad esempio, del mantenimento di registri di patologie rare e della helpline istituzionale del Centro di Coordinamento Regionale, e della gestione degli aspetti regolatori, etici e legali correlati alla sperimentazione clinica.
In letteratura vi sono spunti di riflessione e contributi alla ricerca apportati dagli infermieri per i malati rari. Grazie all’impiego di strumenti validati, l’infermiere può ad esempio raccogliere le narrazioni del paziente e dei suoi familiari, documentandone i bisogni psico-sociali correlati alla malattia (14).
Il disegno è fra gli strumenti utilizzati da Livermore e colleghi in uno studio qualitativo che descrive le esperienze di bambini e ragazzi con dermatomiosite (Fig. 1) (15).
Accanto ad analisi strutturate come quelle citate, resta naturalmente l’esperienza dei professionisti che ogni giorno si impegnano al fianco dei malati rari.
Ecco perché ci lasciamo sorprendere dal disegno donato da un bimbo con malattia rara alla propria infermiera di ricerca (Fig. 2).
Raggiungere una alleanza (non solo terapeutica!) con questi piccoli pazienti, è una risorsa … più unica che rara.