Nella primavera 2012 il paziente, di 62 anni, veniva avviato a terapia con PEG-interferone (PEG-IFN) e ribavirina (RBV) per epatopatia cronica C, genotipo 1b, nota da 14 anni. Dopo circa 5 mesi di trattamento sono comparse porpora acuta a gambe e piedi, artralgie diffuse, astenia intensa, parestesie a calza agli arti inferiori evolute rapidamente in ipo-anestesia cutanea associata a deficit stenico ingravescente, parestesie e ipoestesia della mano destra e sinistra. Il paziente pertanto veniva ricoverato presso la SC Neurologia del nostro Ospedale. Il quadro EMG/ENG dei quattro arti documentava inevocabilità dei cMAP dei nervi peronei, tibiali e dei SAP surali, mediani e ulnare destro; ridotti in ampiezza gli altri MAP e SAP; denervazione assai marcata distalmente soprattutto agli arti inferiori. Ne derivava l’incapacità di stazione eretta e di deambulazione autonoma, l’impossibilità a compiere autonomamente gli atti comuni della vita quotidiana. Gli esami di laboratorio evidenziavano HCV-RNA 7000 UI/ml, fattore reumatoide 427, C3 83 (=normale), C4 1,7 (=ridotto), crioglobuline presenti criocrito 2,5% componente monoclonale IgM/cappa e IgG policlonali, lieve microematuria all’esame urine. AST e ALT normali.
Nell’ottobre 2012 riceveva diagnosi di sindrome crioglobulinemica HCV correlata. Indirizzato all’ambulatorio di Reumatologia è stato inizialmente sottoposto a 3 sedute di plasmaferesi e avviata terapia steroidea 1 mg/Kg/die per os. Subito dopo è stata effettuata terapia con rituximab 1000 mg ev ripetuti dopo 15 giorni. Inserito pregabalin di supporto.
Dopo 1 mese si osservava scomparsa della porpora e delle artralgie ed iniziale miglioramento della forza agli arti inferiori e superiori, riduzione di estensione delle parestesie/ipoestesia cutanea. Crioglobuline assenti, C4 migliorato (13 = ai limiti inferiori di norma).
Nei mesi successivi lento ma progressivo miglioramento della neuropatia periferica, residuavano deficit della flessione dorsale del piede sinistro e lieve deficit motorio del I e II dito della mano sinistra>destra, ridotte le parestesie a calza bilateralmente, presenti lievi parestesie alla mano sinistra.
Nel febbraio 2013 il paziente deambulava senza stampelle, con l’ausilio di ortesi (molla di codevilla), che rimuoveva a luglio. Fibroscan: fibrosi epatica assente.
Aprile 2013: ritrattamento con rituximab 1000 mg ev ripetuto dopo 15 giorni. Crioglobuline assenti, C4 17, fattore reumatoide 34.
Dall’ottobre 2015 il paziente veniva sottoposto per 12 settimane a terapia antivirale (ledipasvir e sofosbuvir associati a ribavirina) secondo indicazione AIFA. Si assisteva a precoce negativizzazione dell’HCV-RNA (1.600.000 pretrattamento). Crioglobuline sempre assenti. Presenti parestesie lievi alle mani e a calza, non deficit stenici ai 4 arti.
Il paziente è tuttora in osservazione clinica reumatologica, epatologica e neurologica. Non è più stato ritrattato con rituximab da aprile 2013. Si mantiene con crioglobuline assenti, C4 ai limiti inferiori della norma ed in risposta virologica sostenuta (SVR).
Le crioglobuline sono immunoglobuline circolanti che precipitano quando poste in vitro alla temperatura di 4 °C e sono capaci di ridissolversi a 37 °C.
Per evitare risultati falsamente negativi dell’esame, una volta prelevato, il sangue periferico deve essere inviato a caldo in laboratorio, dove il siero estratto a caldo verrà posto a 4°C per 1 settimana. Il risultato sarà espresso in termini di percentuale di precipitato (criocrito) (1). In base alla loro tipizzazione le crioglobuline vengono distinte classicamente in 3 tipi (secondo la classificazione di Brouet) (2): I tipo, monoclonale (caratterizzato da una o più componenti monoclonali), II tipo, (componente monoclonale, più frequentemente IgM/K + immunoglobuline policlonali, in genere IgG), III tipo (una o più immunoglobuline policlonali).
La crioglobulinemia mista può essere di II (più frequentemente sintomatica) o di III tipo. (2)
Questa classificazione permette di definire l’eziologia della crioglobulinemia: I tipo, associata più comunemente a disordini linfo o mieloproliferativi (es. macroglobulinemia di Waldenstrom, mieloma multiplo, linfomi, MGUS); II tipo, dovuta più frequentemente ad infezione da HCV (fino al 90% dei casi), oppure ad altre infezioni croniche (compresa HBV) o a patologie autoimmuni (soprattutto sindrome di Sjogren, LES, sclerodermia). La crioglobulinemia mista di III tipo si associa in genere a patologie autoimmuni. Meno del 5% delle crioglobulinemie miste rimane senza eziologia nota (crioglobulinemia mista essenziale) (1).
Circa il 50% dei pazienti con infezione cronica da HCV ha crioglobuline miste circolanti, ma solo una piccola percentuale di questi (10-15%) sviluppa una vasculite crioglobulinemica.
Infatti la sola positività delle crioglobuline non significa malattia o presenza di sintomi, e, come tale, non richiede trattamento specifico.
La vasculite crioglobulinemica invece può avere manifestazioni cliniche variamente combinate che realizzano una sindrome crioglobulinemica (1).
Astenia, porpora e artralgie rappresentano gli elementi clinici più frequenti e, insieme, costituiscono la storica triade descritta per la prima volta nel 1966 da Meltzer e Franklin (3) nella prima descrizione della patologia. La porpora, palpabile, ricorrente, che è l’interessamento cutaneo più frequente (70-90% dei casi), tipicamente coinvolge la regione delle caviglie, dei piedi, delle gambe, ma può estendersi alle cosce, alla regione addominale e più raramente al tronco ed agli arti superiori. È caratterizzata da attacchi ricorrenti, asintomatici o avvertiti come sensazione di bruciore, che esitano in discromie cutanee persistenti. Altre manifestazioni cutanee meno comuni sono le ulcere (soprattutto agli arti inferiori), il fenomeno di Raynaud, l’acrocianosi, l’orticaria. Le artralgie (40-60% dei casi) coinvolgono soprattutto le grosse articolazioni (in genere ginocchia e caviglie), l’artrite, molto rara (<10%) è di solito non erosiva.
La sindrome secca oculare ed orale è riportata nel 10-30% dei pazienti con infezione cronica da HCV, ma non ha le caratteristiche della Sindrome di Sjogren.
Il coinvolgimento più frequente del Sistema nervoso è la neuropatia periferica (50-70% dei casi), con polineuropatia sensitiva (più frequentemente distale degli arti inferiori), che può diventare sensitivo-motoria. Si manifesta con parestesie (e talvolta dolore), inizialmente asimmetriche ma che poi divengono simmetriche (es. parestesie a calza). Il deficit motorio in genere agli arti inferiori, incostante, compare dopo alcuni anni dai sintomi sensitivi. Lo spettro di coinvolgimento comprende anche casi di mononeurite multipla.
L’interessamento del SNC è raro (<10%) e caratterizzato da ictus, epilessia, deficit cognitivi. Sintomi neurologici, sino al coma, sono presenti nella sindrome da iperviscosità.
Il coinvolgimento renale della patologia (20-40%) è rappresentato più comunemente da alterazioni minime del sedimento urinario (microematuria e proteinuria lieve), talvolta da un quadro di sindrome nefritica o nefrosica con vari gradi di insufficienza renale. L’esame istologico in questi casi mostra in genere una glomerulonefrite membrano proliferativa di tipo I con depositi subendoteliali.
Altre manifestazioni cliniche severe sono rare (<5%) e possono coinvolgere il tratto gastro-intestinale (dolori addominali ed emorragie digestive da vasculite mesenterica), il cuore (vizio valvolare mitralico, vasculite coronarica complicata da infarto miocardico, pericardite, insufficienza cardiaca congestizia), il polmone (fibrosi polmonare, versamenti pleurici, emorragie alveolari).
La diagnosi di crioglobulinemia mista prevede l’insieme di elementi clinici e di dati di laboratorio.
Come già descritto, le manifestazioni cliniche vanno dall’astenia e dalla porpora (più frequente agli arti inferiori) a sintomi e segni di coinvolgimento di altri organi ed apparati.
Gli esami di laboratorio comprendono, oltre alla presenza, confermata da una seconda determinazione a distanza di almeno 12 settimane, di crioglobuline miste nel siero, l’evidenza di bassi valori della frazione C4 del complemento e/o elevati valori di fattore reumatoide e presenza di componente monoclonale. In circa il 90% dei casi sarà positiva la determinazione del HCV-RNA. (1,4,5)
È noto da tempo come le manifestazioni della vasculite crioglobulinemica possono migliorare o scomparire quando viene raggiunta con la terapia antivirale una SVR. Nel corso del decennio 2002-2012 si è visto che la terapia con PEG-interferone e ribavirina conduceva a SVR in circa il 41-54% dei pazienti con vasculite crioglobulinemica associata al genotipo 1 del HCV ed in circa l'80% dei casi con genotipo 2 e 3. Nei pazienti ai quali si ripositivizzava HCV-RNA dopo una risposta iniziale, si riacutizzava anche la vasculite (1,6).
Tuttavia questa terapia si poteva associare ad eventi avversi immunomediati come la comparsa o il peggioramento di una neuropatia periferica sensitivo-motoria, la tiroidite, la poliartrite simil-reumatoide. Pertanto molta cautela veniva usata nell’avviare PEG-interferone a pazienti che già manifestavano una neuropatia periferica. Inoltre alcuni pazienti presentavano controindicazioni al PEG-interferone e/o alla ribavirina, come età avanzata, cirrosi scompensata, sindrome depressiva severa non controllata, cardiopatia ischemica severa, patologia tiroidea non trattata (6).
L’avvento dei farmaci antivirali ad azione diretta (DAA) in varie associazioni, dipendenti dal genotipo virale, ha portato una importante rivoluzione. Sono farmaci che vengono prescritti senza necessità di associazione con l’interferone, hanno alti tassi di SVR (>95%) e tollerabilità molto buona. Si assiste nei pazienti con SVR soprattutto a miglioramento dei sintomi della vasculite crioglobulinemica (raramente ad una scomparsa) ed a riduzione dei valori di criocrito (1,6).
La terapia immunodepressiva rappresenta una terapia fondamentale nei casi severi di vasculite crioglobulinemica (ulcere cutanee, porpora molto ricorrente, neuropatia periferica ingravescente, sopratuttto se presente una componente di danno motorio significativo, grave interessamento renale o gastroenterico, interessamento del SNC) e nei pazienti in cui la terapia antivirale ha fallito o è controindicata. In tali casi rituximab ha dimostrato migliore efficacia rispetto alla terapia immunodepressiva tradizionale (corticosteroidi, ciclofosfamide, azatioprina, plasmaferesi da sola) (6,7). La plasmaferesi può essere indicata in casi selezionati prima di avviare il rituximab.
Dato che il grado di miglioramento clinico dipende dalla reversibilità del danno indotto dal virus HCV, vi è consenso nel raccomandare una precoce eradicazione del virus. La scelta dei DAA dipenderà dal genotipo virale e dalle complicanze della vasculite crioglobulinemica (ad es. interessamento renale grave). In alcuni di questi casi si useranno DAA senza associazione di ribavirina. Nei pazienti che non presentano manifestazioni cliniche severe in atto della vasculite crioglobulinemica (da trattare urgentemente con immunosoppressore per un potenziale rischio per la vita), i DAA rappresentano il trattamento di prima linea (1,8).
Quando la vasculite crioglobulinemica richiede urgenti misure di terapia si può considerare, valutando caso per caso, la concomitante terapia antivirale ed immunodepressiva, oppure la terapia immunodepressiva precederà la terapia antivirale (6).
Anche nelle forme di vasculite crioglobulinemica meno severe, ma persistenti e ingravescenti, nonostante eradicazione dell’HCV (o in caso di controindicazione alla terapia antivirale) la terapia non eziologica (immunodepressiva e dieta a basso contenuto di antigeni) può essere importante.
La scelta del farmaco dipenderà dalla manifestazione clinica principale.
Invece la persistenza di anomalie di laboratorio (criocrito positivo, bassi valori di C4, alti livelli di fattore reumatoide) in assenza di manifestazioni cliniche non sembra giustificare il ricorso ad una terapia immunodepressiva (6).
Tre semplici domande rivolte ad un paziente che si presenta nell’ambulatorio del proprio Medico di Medicina Generale possono essere molto utili per sospettare una vasculite crioglobulinemica (9,10):
Una risposta affermativa a due delle domande precedenti dovrebbe indurre il Medico a sospettare una crioglobulinemia mista e pertanto ad inviare il paziente presso i Presidi sanitari di riferimento regionali per completare l’iter diagnostico.
Un esame di laboratorio che viene richiesto spesso dal Medico di Medicina Generale nell’inquadramento di un paziente con artralgie/artrite è il fattore reumatoide. La sua positività dovrebbe indurre il Medico a porre al paziente le 3 domande di screening indicate sopra.
La crioglobulinemia mista rappresenta uno dei possibili disordini correlati all’infezione da HCV (11). I nuovi DAA ottengono un’altissima percentuale di eradicazione (>95%) indipendentemente dal genotipo virale, misurata in termini di SVR (definita come HCV-RNA non evidenziabile dopo 12 e dopo 48 settimane dalla fine della terapia eradicante) anche nei pazienti con vasculite crioglobulinemica. Si assiste in questi pazienti ad un miglioramento clinico soprattutto di porpora e artralgie, in particolare nelle forme lievi-moderate. Meno evidente è la risposta clinica nella neuropatia periferica e nella sindrome secca. La nefropatia invece ha bisogno di ulteriori studi (12,13).
In generale le manifestazioni cliniche severe richiedono anche altre terapie (es. rituximab, talvolta preceduto da plasmaferesi). Brevi cicli di terapia cortisonica sono indicati in casi selezionati. La dieta ipoantigenica può essere utile in tutti i pazienti, anche in quelli con anomalie di laboratorio senza vasculite crioglobulinemica (6,12). La risposta clinica si associa in genere ad un miglioramento dei parametri immunologici (riduzione criocrito, riduzione valori del fattore reumatoide, aumento C4), mentre solo in una piccola percentuale dei pazienti in SVR dopo 12 settimane scompaiono le crioglobuline, il fattore reumatoide diventa negativo, i livelli di C4 ritornano normali.
La possibile spiegazione è che in questi casi la proliferazione B cellulare e la produzione di crioglobuline diventi indipendente dalla replicazione virale. Inoltre è possibile che occorra più tempo delle 12 o 48 settimane di osservazione della maggior parte degli studi sulla risposta agli antivirali per ottenere anche una risposta immunologica completa.
Sono necessari ulteriori studi che osservino il comportamento clinico e immunologico dei pazienti nel tempo, anche dei pazienti che per la severità della loro vasculite crioglobulinemica vanno incontro a terapia immunodepressiva (in particolare rituximab).