La galenica clinica è un’attività essenziale della Farmacia Ospedaliera e una peculiarità del ruolo del farmacista. Oltre all’allestimento di preparazioni officinali per i reparti ospedalieri, il laboratorio galenico allestisce preparazioni magistrali. Ciò diventa fondamentale in tema di malattie rare, garantendo ai pazienti l'accesso ai cosiddetti farmaci “orfani” non disponibili sul mercato. In Italia, l’industria farmaceutica non copre tutte le esigenze terapeutiche, limitandosi alla produzione di medicinali con dosaggi standardizzati. Le preparazioni magistrali, destinate a pazienti con malattie rare, sono prescritte dal medico e realizzate in base alle esigenze specifiche del paziente, in linea con la legge sulle Malattie Rare (n. 175/2021) (1), che promuove l’accesso rapido alle cure attraverso piani assistenziali personalizzati. In Italia circa 2 milioni di persone soffrono di malattie rare, il 70% delle quali sono pazienti pediatrici, rendendo essenziale la personalizzazione delle terapie in termini di dosaggi e forme farmaceutiche.
I vantaggi delle preparazioni galeniche includono:
Il riferimento per la preparazione di questi farmaci sono le Norme di Buona Preparazione (2), che impongono standard rigorosi che il farmacista ospedaliero deve prevedere all’interno delle procedure di lavoro. L'esperienza e la formazione continua sono essenziali per garantire la qualità e la sicurezza degli allestimenti. Particolare importanza rivestono anche le reti di comunicazione offerte dalle comunità scientifiche, consentendo una condivisione nazionale di procedure di allestimento specifiche e sicure.
In questo contesto, la Regione Piemonte rappresenta un modello virtuoso per quanto riguarda l'accesso ai galenici magistrali da parte dei pazienti affetti da malattie rare. Attraverso il portale della Rete Malattie Rare Piemonte-Valle d’Aosta (www.malattierarepiemonte.it) (3), infatti, è possibile inserire il galenico direttamente nel piano terapeutico grazie al Prontuario Galenico messo a punto anni fa con il contributo dei farmacisti ospedalieri di diversi Presidi.
La sindrome VEXAS (Vacuoli Enzima E1 legata all'X Autoinfiammatoria Somatica) è una malattia rara e grave che, se non curata, può essere letale. Sindrome di recente identificazione (incidenza <1/1.000.000) (4) è caratterizzata da vacuoli nelle cellule emopoietiche del midollo. La causa è una mutazione della metionina 41 dell’enzima E1-ubiquitina ligasi UBA1 che porta all'espressione di un'isoforma compromessa che causa l'infiammazione, sintomo tipico della malattia (5). La sindrome ha un prevalenza nei soggetti maschili perché UBA1 si trova sul cromosoma X. UBA1 è coinvolto nella regolazione del ciclo cellulare, nella trasduzione del segnale, nell'apoptosi, nella riparazione del danno al DNA e nella regolazione trascrizionale. La sua mutazione porta all’attivazione del sistema immunitario innato e ad auto-infiammazione sistemica diffusa, caratteristiche che pongono la VEXAS tra le patologie reumatologiche ed ematologiche (6). I pazienti possono presentare disturbi dermatologici e polmonari rendendo difficile una tempestiva diagnosi. In alcuni casi è stata riscontrata la mutazione concomitante nel gene DNMT3A, coinvolto nella modificazione epigenetica del DNA attraverso il processo di metilazione (6) e che predispone ad una ematopoiesi monoclonale ed a piastrinopenia. In letteratura, i trattamenti proposti includono agenti ipometilanti, anti-IL6, JAK-inibitori ed il trapianto allogenico di cellule staminali (7).
Azacitidina è un antimetabolita analogo della pirimidina che viene incorporato nel RNA e nel DNA trasmettendo un falso messaggio. Inattiva l’enzima DNA metiltransferasi inibendo la metilazione del DNA, riattivando i geni onco-soppressori (terapia epigenetica) che svolgono un ruolo nella differenziazione cellulare e aiutando a correggere i problemi di maturazione e di crescita delle cellule del sangue nel midollo osseo, causa di disturbi mielodisplastici (Fig. 2). Le indicazioni approvate sono: sindrome mielodisplastica, leucemia mielomonocitica cronica, leucemia mieloide acuta (8). Azacitidina potrebbe colpire le cellule mieloidi, quindi anche quelle con la mutazione UBA1 (5). Il meccanismo però non è noto; si può ipotizzare che il difetto nel sistema ubiquitina-proteasoma sensibilizzi le cellule a questo agente (9). Azacitidina è disponibile sotto forma di polvere da ricostituire in sospensione iniettabile. La posologia è di 75 mg/m2, somministrata sottocute nella parte superiore del braccio, nella coscia o nell'addome ogni giorno per una settimana, seguita da tre settimane di pausa. Il trattamento continua per almeno sei cicli e poi fino a beneficio clinico. Azacitidina è citotossica, pertanto va allestita garantendo una manipolazione sicura per l’operatore (8).
A febbraio di quest’anno è stato richiesto al Laboratorio di Galenica Clinica Sterile l’allestimento di azacitidina per un paziente con sindrome VEXAS e mutazione DNMT3A con lo scopo di ridurre la flogosi e i cloni cellulari mutati.
Il farmacista ha effettuato un’attenta ricerca bibliografica riguardante la patologia ed il razionale del trattamento richiesto, a causa della mancanza di terapie standard autorizzate per la VEXAS. I dati riportati in letteratura inducono a prendere in considerazione il trattamento con azacitidina nei casi gravi di sindrome VEXAS, in particolare quando associati a mutazioni DNMT3A (7). Inoltre, l'azacitidina è stata proposta come opzione terapeutica nei disturbi autoimmuni associati alla sindrome mielodisplastica (MDS) (5).
Il farmacista ha valutato la fattibilità della preparazione galenica richiesta per quanto riguarda la via di somministrazione, le modalità di ricostituzione e di preparazione ed ha effettuato un’analisi dei costi da attribuire al reparto richiedente in quanto farmaco off- label.
Il farmacista in collaborazione con il clinico ha valutato il protocollo da utilizzare per la prescrizione informatizzata della terapia. Il paziente, già pluritrattato, ha effettuato un ciclo con azacitidina ed il caso, in seguito alle complicanze infettive sopraggiunte, è stato poi discusso da un team multidisciplinare che ha optato per un cambio di strategia terapeutica.
I risultati riportati in letteratura forniscono spunti che possono aiutare la progettazione di studi sul trattamento ottimale della sindrome VEXAS, valutare l’esatto valore di azacitidina in sottogruppi di pazienti con sindrome VEXAS e capire se le MDS VEXAS siano diverse dalle MDS “classiche” (9). Per migliorare la prognosi, oggigiorno sfavorevole dei pazienti con VEXAS, è importante ottenere una diagnosi precoce, risultato anche di una gestione multidisciplinare del paziente. Guardando al futuro, grazie alle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destinate alle malattie rare, si auspica che il settore della galenica clinica possa beneficiare di nuove tecnologie, potenziando la personalizzazione delle terapie e migliorando l’accesso a cure su misura, in un’ottica multidisciplinare.