Le malattie rare costituiscono un insieme di oltre 7.000 differenti patologie. Accanto alla bassa frequenza nella popolazione (in Europa, 5 casi ogni 10.000 abitanti), aspetti comuni sono il frequente coinvolgimento di più apparati, la difficoltà diagnostica, i sintomi talora invalidanti, il decorso cronico o la prognosi infausta, che comportano controlli clinici periodici e terapie non sempre risolutive.
Quando l’esordio avviene ad età avanzata, i pazienti si trovano a fare i conti con importanti vissuti, la cui elaborazione ed accettazione sono cruciali in una gestione efficace della patologia, attraverso la costruzione dell’alleanza terapeutica con i curanti per l’aderenza alle terapie. Frequenti sono i sentimenti di rabbia per l’eventuale dilatarsi dei tempi per la diagnosi, e i vissuti di perdita riferiti al controllo ed alla spontaneità nella vita quotidiana, all’autonomia, all’immagine di sé.
Nei casi di malattie ad insorgenza in età pediatrica, ciò che va accettato non è la perdita di funzioni e qualità di vita precedentemente acquisite, ma la difficoltà ad attraversare le fasi del ciclo di vita familiare che ogni persona si aspetterebbe in condizioni normali. Per i genitori, può significare non poter giocare coi propri figli, domandarsi se potranno frequentare la scuola, se la coppia genitoriale potrà recuperare l’autonomia e l’intimità coniugale, oppure se l’impegno assistenziale saturerà ogni spazio familiare. Per il bambino, può voler dire crescere coniugando lo sforzo di mantenersi proiettato sul suo futuro, cercando di condurre una vita il più “normale” possibile, con il sentimento angoscioso di un corpo fragile e la paura di non farcela a crescere(1).
Con queste premesse, la consulenza psicologica dovrebbe costituire parte integrante del percorso di cura rivolto alle persone con malattie rare, specialmente nei casi di elevata complessità, ed il quesito centrale è "cosa valutare?". La Psicologia della Salute, ossia quella specialità della Psicologia che studia i processi alla base della salute, delle malattie, nonché della diagnosi e cura, sottolinea l’incredibile capacità degli esseri umani di adattarsi e reagire costruttivamente in situazioni difficili. Mutuando il termine resilienza dalla fisica, s'intende con questa la capacità di affrontare eventi avversi tramite un cambiamento evolutivo. La sfida, in sostanza, non è di mantenere una propria impassibilità a fronte dell'evento, ma di cambiare insieme a questo riconoscendo il dolore e senza perdere la capacità di impegnarsi nella vita in modo attivo e propositivo (2). Durante la consulenza psicologica nel contesto del trattamento delle malattie rare è importante identificare le specifiche risorse che potranno sostenere pazienti e familiari nell’affrontare gli stress e individuare le eventuali aree di criticità che potrebbero ostacolare il processo di adattamento, per poterle affrontare.
Occorre innanzitutto esaminare le strategie che le persone usualmente adottano per fare fronte allo stress, cioè gli stili di coping. Appare evidente la difficoltà del paziente quando elude i controlli clinici per evitare di confrontarsi con il medico, oppure attiva come "automedicazione" a fronte dell'ansia o di una deflessione dell'umore l'abuso di alcol o altri stili di vita dannosi.
Per ampliare il repertorio di comportamenti disponibili e migliorare l’efficacia degli stessi, comunque, è importante rafforzare o sviluppare risorse positive, quali:
Nel contesto familiare, la resilienza aumenta quando i componenti: condividono l’importanza di sentirsi uniti a fronteggiare le difficoltà; riescono ad esprimere e tollerare l'ampia gamma delle emozioni; sono in grado di gestire flessibilmente i ruoli familiari in funzione delle esigenze, senza perdere l’organizzazione complessiva del nucleo familiare; sono parte di una rete di supporto informale (3) (Fig. 2).
Per valutare le strategie di coping e le principali aree di resilienza, oltre al colloquio clinico, sono valido strumento alcuni questionari. Il Coping Orientations to Problem Experienced (COPE) (4,5) è un questionario composto da 60 item su scala tipo Likert, nei quali si chiede alla persona di indicare la frequenza con cui abitualmente mette in atto un particolare comportamento, nelle situazioni difficili o stressanti, considerando 15 diversi processi di coping: Attività per modulare gli effetti dello stress; Pianificazione di strategie per superare il problema; Soppressione di attività competitive (per evitare distrazioni); Contenimento di eventuali azioni impulsive aspettando il momento più propizio per affrontare lo stress; Ricerca di informazioni; Ricerca di comprensione e sostegno morale; Sfogo emotivo; Reinterpretazione positiva dell’esperienza critica; Accettazione della situazione e/o della propria incapacità nell’affrontarla; Dedicarsi alla religione; Umorismo; Negazione; Distacco comportamentale o abbandono di ogni tentativo di affrontare la situazione; Distacco mentale (distrarsi, dormire più a lungo); Uso di droghe o alcol.
La Resilience Scale for Adults (RSA) (6,7) è un questionario a 33 item su differenziale semantico, riguardanti sei dimensioni: Percezione di sé come efficace; Fiducia nella possibilità di pianificare il futuro; Competenza sociale; Orientamento agli obiettivi ed all’organizzazione della vita quotidiana; Coesione familiare; Risorse sociali. Sia il COPE che la RSA sono stati tradotti e validati in numerosi paesi, presentando robuste proprietà psicometriche.
Durante il processo di adattamento psicologico, transitorie reazioni di rabbia e/o disperazione possono considerarsi fisiologiche. A volte, tuttavia, il paziente può non avere sviluppato le capacità di adattamento necessarie; può risultargli difficoltoso utilizzare risorse di resilienza presenti, ma che non sono accessibili; può arrivare alla comprensione della diagnosi dopo una sequenza di altri fattori traumatici (come variazioni peggiorative del decorso) o in un momento già delicato per altri cambiamenti nel ciclo di vita.
In questi casi, può verificarsi una “rottura della resilienza” e presentarsi un disturbo dell’adattamento talvolta di carattere transitorio ma, se non valutato e trattato, a rischio di cronicizzazione di un quadro psicopatologico. É sempre importante valutare le condizioni di sofferenza psichica, per affrontarle tempestivamente e sostenere pazienti e familiari nel percorso di cura.
Uno strumento di screening molto agevole nel contesto sanitario è la Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) (8,9). L’HADS è un questionario a 14 item su scala tipo Likert a 4 punti, volto a rilevare la percezione di sintomi di ansia (7 item) e depressione (7 item) in pazienti oncologici e di medicina generale. Sono disponibili soglie di cut-off e tabelle normative per la popolazione non clinica e pazienti tumorali, che permettono di suddividere i punteggi, continui, in cluster di differente rilevanza clinica.