La valutazione obiettiva dello stato di malattia e di quanto la malattia limiti la funzionalità della persona e la sua possibilità di agire e interagire nella vita quotidiana, è di estrema importanza per la comunità clinica e tutti gli attori del sistema salute.Quantificare la compromissione fisica in termini di disabilità funzionale permette, da un lato, di valutarne efficacemente l’andamento nel tempo e riconoscere eventuali nuovi bisogni da supportare, dall’altro di identificare obiettivi terapeutici che siano significativi per il paziente e per la società in cui è inserito.
Se questo è importante in molti campi della medicina, ancor di più lo è nelle malattie rare, laddove la scarsa conoscenza delle patologie e l’estrema variabilità fenotipica, rendono ancora più problematica la gestione della malattia nei singoli rari pazienti affetti.
L’alfa-mannosidosi è una malattia ultra-rara da accumulo lisosomiale, determinata da una variante patogena nel gene che codifica per l’enzima alfa-mannosidosi, ed è caratterizzata da progressivo danno cellulare a livello multisistemico con conseguente compromissione della funzionalità di diversi organi e apparati. I sintomi clinici sono estremamente eterogenei (deficit immunitario, sordità, alterazioni osteo-articolari, disturbi neurologici e cognitivi). Negli anni, la malattia compromette la funzionalità motoria e l’autonomia nello svolgimento delle normali attività quotidiane, con rilevante impatto sulla qualità della vita dei pazienti e dei caregiver (1,2).
La velocità di progressione nel tempo è molto variabile e non esistono metodi standardizzati per seguirne e predirne l’evoluzione nello specifico paziente. Il test del cammino (valutazione della distanza percorsa in un dato tempo) viene usualmente usato per valutare la compromissione motoria dei pazienti con alfa-mannosidosi, ma non è molto sensibile, soprattutto nei pazienti adulti più compromessi (3).
Recentemente lo sviluppo tecnologico nei sistemi di misurazione e di tracciamento di movimento ha visto applicazioni in ambiti diversi, ma soprattutto in ambito clinico ha rivoluzionato l’approccio valutativo della disabilità.
I sistemi di misura del movimento umano sono basati su tecnologie diverse, alcune necessitano di laboratori dedicati, altri come i sensori inerziali hanno il grande pregio di essere di piccole dimensioni e utilizzabili anche all’esterno o, addirittura, presso l’abitazione del paziente. Se prima il clinico poteva apprezzare le variazioni dell’autonomia motoria solo in termini di distanza percorribile o di sopraggiunta necessità di appoggio, adesso può quantificare in modo oggettivo e sensibile la qualità del movimento del paziente e personalizzare la valutazione della sua disabilità durante lo svolgimento dell’attività quotidiana (4). Questo è di particolare importanza nelle patologie rare, dove è cruciale personalizzare la gestione e il monitoraggio della malattia.