Cercare di codificare prima e modificare poi il genoma di un essere vivente non è solo un sogno portato avanti da scrittori e registi di film di fantascienza, ma è uno sforzo quotidiano che molti genetisti cercano di perseguire con strumenti e tecnologie sempre più innovative e potenti per poter correggere errori genetici che sono alla base di molte malattie.
A partire dal 1953, anno in cui fu annunciata la scoperta della struttura del DNA da parte di J. Watson, F. Crick e M. Wilkins (Premio Nobel 1962) i ricercatori di tutto il mondo hanno cercato di comprendere i meccanismi che regolano la trascrizione genetica, al fine di manipolare la doppia elica di acido desossiribonucleico (DNA) presente all’interno di tutte le cellule viventi dove guida il flusso di informazione che sta alla base di ciascun processo fisiologico. L’ultima tappa del lungo percorso verso questo ambizioso traguardo si chiama CRISPR/Cas9 (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, ovvero Brevi Ripetizioni Palindrome Raggruppate e Separate a Intervalli Regolari). Gli scienziati hanno scoperto questo fine meccanismo nei batteri che lo utilizzano come sistema di difesa, una sorta di sistema immunitario che permettere di preservare l’integrità del genoma batterico da eventuali intromissioni esterne; in pratica CRISPR/Cas9 è un meccanismo in grado di riconoscere, tagliare ed eliminare le sequenze di DNA estraneo.
La tecnologia CRISPR/Cas9 è un sistema pioneristico e versatile che permette, ad un prezzo accessibile, di “editare” il DNA, ovvero di tagliare e incollare porzioni di genoma, sostituendo ad esempio un gene difettoso con la sua variante corretta. Dal 2012 modificare il materiale genetico di qualsiasi essere vivente, dal grano alle giraffe, dalla Drosophila all’uomo è possibile grazie a questa straordinaria ed elegante tecnologia. CRISPR/Cas9 agisce come una “forbice molecolare” che necessita fondamentalmente di due attori principali: un RNA guida, complementare alla sequenza di DNA bersaglio, ovvero un RNA che contenga un “indirizzo specifico” (comprensivo di numero civico) così da essere spedito verso la regione di DNA che si vuole modificare, e una proteina, per l’esattezza una endonucleasi Cas (Crispr associated system) che, una volta legata all’RNA guida, arriva a destinazione e opera il taglio del doppio filamento di DNA come una vera e propria forbice. La porzione di DNA può essere poi ricucita sfruttando il meccanismo di ricombinazione omologa con un frammento di DNA sintetizzato in laboratorio così da correggere l’errore genetico responsabile della patologia (Fig. 1).
La tecnica dell’editing genomico ha già trovato applicazioni in campo agroalimentare, dove ha iniziato a rivoluzionare il dibattito sugli OGM, ma sta avendo altrettanto successo in ambito terapeutico soprattutto per malattie genetiche rare, per le quali ancora oggi non esistono terapie efficaci.
L’elegante tecnologia CRISPR/Cas9, considerata dal mondo scientifico come “l’ultima frontiera dell’ingegneria genetica”, è stata attualmente approvata in vitro su cellule staminali pluripotenti umane per correggere specifiche mutazioni genetiche. I primi risultati incoraggianti per la cura della distrofia muscolare di Duchenne (DMD) sono stati pubblicati su riviste scientifiche internazionali e hanno dimostrato l’applicabilità della strategia terapeutica basata su CRISPR/ Cas9 su modelli sperimentali murini per la DMD (1). Ulteriori goal sono stati ottenuti su cellule in vitro per curare diverse patologie: prime fra tutte la fibrosi cistica (2) e la β-talassemia (3), ma anche per correggere errori genetici su modelli di cellule tumorali. Nuovi orizzonti, inoltre, si aprono per la cura di malattie virali, quali, ad esempio, l’HIV.
Senza dubbio molte malattie da accumulo lisosomiale (LSD) potrebbero essere candidate per questo tipo di approccio innovativo di gene editing per tre ragioni principali: a) sono causate da mutazioni in un singolo gene; b) l’enzima lisosomiale sintetizzato può raggiungere facilmente l’organo/tessuto bersaglio; c) attualmente le terapie in uso sono limitate, o meglio, non riescono a ristabilire a pieno i livelli normali di enzima e quindi le condizioni fisiologiche. Ad oggi le terapie presenti sul mercato per diverse LSD, malattie metaboliche ereditarie causate, quindi, da un deficit di una delle diverse funzioni lisosomiali, sono molteplici e comprendono approcci terapeutici diversi (Tab. 1) che vanno dalla terapia enzimatico sostitutiva (ERT) alla terapia farmacologica con molecole chaperone (PTC), dal trapianto di cellule ematopoietiche proveniente da un donatore sano (HSCT) alla terapia di riduzione del substrato (SRT). Tutti i trattamenti utilizzati, seppur innovativi, non riescono a curare definitivamente la malattia genetica, non sono disponibili per tutte le LSD, presentano diverse limitazioni relative alla tossicità e alla risposta immunologica del paziente dopo trattamento prolungato e, soprattutto, una delle maggiori criticità è la biodisponibilità degli agenti terapeutici che spesso non riescono a raggiungere l’organo/tessuto d’interesse (ad es. superare la barriera emato-encefalica e arrivare al cervello).
Con la tecnologia CRISPR/Cas9 le potenzialità della terapia genica aumentano enormemente e con essa aumentano anche la biosicurezza e la precisione.
Una delle prime LSD presa in esame come punto di partenza per lo sviluppo di una terapia genica mirata è stata la sindrome di Sanfilippo (4), nota nel mondo scientifico come mucopolisaccaridosi III (MPS III), una rara LSD caratterizzata dall’accumulo di eparansolfato nei lisosomi. La patologia è monogenica e causa un profondo ritardo cognitivo, perdita delle capacità motorie e, nelle forme più gravi, porta alla morte precoce del paziente. L’unico intervento farmacologico possibile oggigiorno e impiegato su tutti i pazienti malati è la terapia di riduzione del substrato (SRT) che riesce in parte a minimizzare gli effetti collaterali della disfunzione metabolica (Tab. 1). Nel 2014 nel Centro Ospedaliero Universitario Bucêtre di Parigi sono stati sviluppati i primi trial clinici (fase I e II) che prevedevano l’utilizzo di vettori virali adeno-associati che trasportavano le varianti umane corrette dei geni SGSH e SUMF1, in associazione con una terapia immunosoppressiva, nei bambini affetti da MPS di tipo IIIA (5). I risultati sono stati così incoraggianti, che gli stessi ricercatori hanno deciso di estendere lo studio e concentrarsi anche sulla MPS di tipo IIIB. In questo caso sono stati presi in esame 4 pazienti (53 mesi, 20, 26 e 30 anni) affetti da MPS IIIB ai quali è stata somministrata una singola terapia con adenovirus-associato ed è stato visto essere in grado di ristabilire l’attività della proteina NAGLU portandola dallo 0% basale fino al 14-17% dopo tre mesi, effetto che si è dimostrato persistere anche a distanza di 1 anno, ma non più presente a distanza di 30 mesi su 3 pazienti dei 4 totali. Per aumentare l’efficacia di tale terapia genica è senz’altro importante intervenire nei primi mesi/ anni di vita del paziente (non a caso i migliori risultati sono stati evidenziati sul paziente di 53 mesi); inoltre è già stata ipotizzata un’azione mirata su cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) con la tecnologia CRISPR/Cas9 per intervenire sulla variante mutata del gene NAGLU (6).
L’approccio CRISPR/Cas9 potrebbe essere applicato anche ad un’altra LSD: la malattia di Pompe (7). Questa patologia è caratterizzata dal mancato smaltimento del glicogeno in glucosio da parte dell’enzima lisosomiale α-glucosidasi acida (GAA). Per questo motivo il glicogeno si accumula non solo nelle fibre muscolari (dove il danno è più marcato), ma danneggia anche altri organi e tessuti come il cuore e l’apparato respiratorio. Seppur presente una terapia enzimatico sostitutiva (Tabella 1), a partire dal 2010 molti sono stati i tentativi di gene editing messi in atto. La stragrande maggioranza impiegava esclusivamente vettori lentivirali (8), ma nel 2017 in California al Children’s Hospital of Orange County (USA) il gruppo di ricerca guidato da Jeffrey Y. Huang e Raymond Y. Wang ha messo a punto una tecnica basata su CRISPR/Cas9 per generare modelli di Pompe infantili ad insorgenza tardiva, gettando così le basi per una futura terapia genica.
Altra LSD ideale dove poter intervenire con la metodica CRISPR/Cas9 è senza dubbio la malattia Niemann-Pick A dato che per questa rara malattia metabolica ad oggi non esistono cure efficaci (Tab. 1). La Niemann-Pick A (forma classica infantile) è causata da un deficit di sfingomielina fosfodiesterasi (SMPD1) e ha un esordio precoce, si manifesta infatti nei primi mesi di vita (6-12 mesi) con epatosplenomegalia progressiva e deterioramento (9).
La malattia di Gaucher, infine, è senza dubbio la più frequente tra le LSD e ha dimostrato avere una forte associazione con il morbo di Parkinson (PD) e con altre sinucleinopatie, malattie neurodegenerative caratterizzate dallo sviluppo di aggregati intracellulari di alfa-sinucleina, come ad esempio la Demenza con corpi di Lewy. Si tratta di una patologia da accumulo lisosomiale autosomica recessiva causata da un deficit nell’enzima glucocerebrosidasi a seguito di mutazioni a carico del gene GBA1 (beta-glucosidasi acida, 1q21). La mancanza dell’enzima comporta l’accumulo di glucosilceramidi (o glucocerebrosidi) nelle cellule reticolo-endoteliali del fegato, della milza e del midollo osseo. Ad oggi sono disponibili trattamenti convenzionali basati su terapia enzimatica sostitutiva (ERT), ma si tratta di un approccio costoso, che richiede una somministrazione continuativa e soprattutto risulta essere poco efficace per le forme neurologiche gravi. Proprio per questo motivo c’è un estremo bisogno di nuove opzioni terapeutiche per i pazienti affetti dalle forme più gravi e debilitanti della malattia di Gaucher.
L’utilizzo della tecnologia CRISPR/Cas9 per ristabilire la corretta sequenza nucleotidica del gene GBA1 è un lavoro particolarmente arduo e complesso a causa dello pseudogene GBAP1, con il quale condivide circa il 96% della sequenza (10). Inoltre il gene GBAP1 se letto nella direzione opposta costituisce parte della sequenza della proteina di membrana mitocondriale MTX1, quindi l’alta probabilità di modificare non il gene bersaglio GBA1, ma il suo pseudo gene è un problema da risolvere.
Nel 2017 i ricercatori dell’ICGEB di Trieste hanno sviluppato una tecnologia basata sull’utilizzo di cellule staminali ematopoietiche autologhe (HSCs), le quali sono ingegnerizzate per l’espressione della forma terapeutica wild-type del gene GBA e poi reinfuse nel paziente.
La strategia è resa possibile proprio grazie all’innovativa piattaforma CRISPR/Cas9 e all’utilizzo di vettori lentivirali contenenti la sequenza genetica terapeutica, i quali non si integrano nel genoma del paziente, limitando i problemi legati all’integrazione casuale del vettore e il possibile sviluppo di tumori. Le cellule ematopoietiche modificate possono poi essere utilizzate per un trapianto autologo, evitando in questo modo problemi correlati all’immunocompatibilità. Questo approccio può essere applicato con successo per tutte le 300 mutazioni note a carico del gene GBA. Se questo approccio dovesse dare dei buoni risultati apporterà significativi miglioramenti clinici per i pazienti affetti da Gaucher e potrà essere applicato non solo a tutte le mutazioni identificate a carico del gene GBA1, ma anche ad altre LSD (11).
In conclusione, CRISPR/Cas9 è senza dubbio una tecnica di gene editing innovativa e a basso costo che sembra avere potenzialità promettenti per la cura di numerose malattie genetiche per le quali ad oggi non sono ancora disponibili terapie efficaci. Questa tecnica si è dimostrata vincente nel correggere in vitro mutazioni chiavi associate a numerose malattie, come ad esempio la fibrosi cistica e la β-talassemia. Infatti al contrario dei normali vettori virali utilizzati per terapia genica questa tecnica pioneristica offre numerosi vantaggi: consegna mirata, nessuna mutagenesi inserzionale e bassa immunogenicità (12).
Un aspetto critico sarà senz’altro quello di agire in modo sicuro ed efficiente in termini di quantità di cellule da modificare e in termini di sicurezza per la salute dei pazienti. Ad oggi la sperimentazione sull’uomo si realizza ex vivo, cioè sulle cellule prelevate da un individuo per essere corrette e reinfuse, come le cellule staminali ematopoietiche, linfociti o cellule staminali pluripotenti indotte (13). L’altro campo d’azione, ancora inesplorato, è quello in vivo e prevede l’utilizzo di CRISPR/Cas9 direttamente nell’organo bersaglio. In questo caso esistono per ora solo modelli sperimentali (per la maggior parte murini) e, senza dubbio, prima di arrivare alla sperimentazione sull’uomo, sarà necessario superare problematiche relative alla sicurezza di queste strategie e all’efficienza con cui si raggiungono i tessuti e gli organi bersaglio. Prima di tradurre in clinica questa tecnologia sono ancora molte le sfide da dover superare, ma le opportunità e gli orizzonti aperti sembrano essere davvero promettenti ed interessanti.