La prevenzione primaria rappresenta la parte più “nobile” nell’ambito più ampio della prevenzione in quanto si orienta a minimizzare i fattori di rischio e ad amplificare quelli protettivi al fine di mantenere l’individuo sano.
Le malformazioni congenite (MC) nel complesso degli esiti avversi della riproduzione (EAR) rappresentano un terreno di ingaggio per la prevenzione primaria in quanto sono noti fattori di rischio e fattori protettivi.
La fase assistenziale della “prevenzione” è presente con la diagnosi ed il trattamento all’interno del D.M. 279/2001 “Regolamento di istituzione della rete nazionale malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative spese sanitarie”.
La protezione e tutela della salute riproduttiva, la prevenzione degli EAR (Tab. 1) e più specificamente di MC sono indicate come azioni prioritarie nei seguenti atti di indirizzo: Piano nazionale fertilità 2015; documento di indirizzo per l'attuazione delle linee di supporto centrali al piano nazionale della prevenzione 2014-2016; Piano Nazionale Malattie Rare 2013-2016.
Questo impianto normativo ha sostenuto le attività di prevenzione primaria riguardo alle MC ed agli EAR nell’ambito delle azioni svolte dalle autorità sanitarie sia centrali (Ministero della Salute – Istituto Superiore di Sanità) che Regionali e più in particolare sulle seguenti tematiche.
La supplementazione con acido folico nel periodo periconcezionale ha dimostrato di essere in grado di ridurre in modo consistente i difetti del tubo neurale (DTN) (1).
Il nostro Paese ha fortemente sostenuto questa strategia attraverso il Network Italiano Acido Folico coordinato dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità. Le raccomandazioni sulla supplementazione periconcezionale con acido folico per la prevenzione primaria di difetti congeniti prevedono che una donna in età fertile che programmi o non escluda una gravidanza dovrebbe assumere 0,4 mg di acido folico al giorno a partire da almeno un mese prima del concepimento fino almeno al terzo mese di gravidanza (periodo periconcezionale). Questa raccomandazione è stata successivamente acquisita a livello Comunitario (2).
In ambito nazionale sono stati effettuati diversi studi per valutare l’adesione alla raccomandazione sopra riportata. Gazzino e coll. (3) rilevano che il 16,8% delle donne in gravidanza non assume l’acido folico, il 66,4% lo assume dopo essere venuta a conoscenza del proprio stato di gravidanza, mentre il 16,8% lo assume nel periodo periconcezionale.
Uno studio di Mastroiacovo e coll. (4) del 2014 rileva che il 16% non lo assume, l’11,7 lo assume almeno un mese prima e l’11,8% almeno sei mesi prima del concepimento e il 55% lo assume soltanto a diagnosi di gravidanza avvenuta, quindi dopo il periodo periconcezionale.
Un altro lavoro dello stesso gruppo (5) ha coinvolto sette reparti di ostetricia localizzati in sei regioni italiane ed ha analizzato numerosi parametri (Tab. 2) in relazione alla supplementazione preconcezionale di acido folico.
Lo studio dimostra che ci sono due fattori determinanti nel facilitare il ricorso alla supplementazione prima della gravidanza: la richiesta di consulenza preconcezionale e la programmazione della gravidanza. In questo gruppo di donne solo il 48,6% ricorre alla supplementazione prima della gravidanza e non ci sono ancora evidenze robuste per comprendere questo dato. È verosimile che le donne, anche se ben informate, dimenticano o decidono di non seguire le raccomandazioni ricevute o che la gravidanza arriva a distanza di tempo dalla consulenza. Il 27% delle donne non richiede consulenza e non programma la gravidanza, di queste, però, il 5% assume acido folico prima della gravidanza. La bassa prevalenza di ricorso alla supplementazione preconcezionale che lo studio rileva, per quanto su un campione limitato a solo sei regioni, suggerisce che la causa determinante è da ricercare, ancora oggi, nella mancata pianificazione della gravidanza e/o nel mancato ricorso alla consulenza preconcezionale.
Una spiegazione plausibile alla limitata adesione alla raccomandazione sulla supplementazione, nonostante l’impegno profuso nella sua diffusione in ambito sanitario e sociale, può scaturire da diverse motivazioni tra le quali vi è sicuramente la comunicazione sui suoi contenuti. In particolare, l’associazione tra la gravidanza e la supplementazione con acido folico può non avere giovato a rappresentare l’appropriatezza di assumere questa vitamina “prima della gravidanza”.
A questo riguardo una strategia possibile, per evitare un cortocircuito cognitivo, sarebbe comunicare che il target per la supplementazione con acido folico è la donna in età fertile (15-44 anni), senza far riferimento alla gravidanza o alla sua programmazione e senza evidenziare un limite temporale per l’assunzione prima del concepimento (1 o 3 mesi prima).
Nuovi studi svolti in ambito europeo con stime differenziali di prevalenza DTN in relazione alle diverse strategie di sanità pubblica applicabili quali supplementazione/fortificazione degli alimenti dimostrano che la supplementazione periconcezionale con acido folico è una strategia insufficiente in quanto modifica solo parzialmente la prevalenza media alla nascita in Europa (0,92 casi/1.000 nati) e suggeriscono di effettuare una analisi sulle evidenze accumulate negli ultimi anni per valutare la possibilità di modificare le strategie di sanità pubblica in Italia e in Europa (6).
L’astensione totale dalle bevande alcoliche in gravidanza viene raccomandato dall’OMS (7). L’alcol prima di essere metabolizzato dall’organismo materno giunge dopo pochi minuti nel sangue fetale e non potendo essere metabolizzato a causa della mancanza di specifica attività enzimatica è in grado di determinare gravi danni. Oltre alla sindrome feto alcolica (FAS), caratterizzata da gravi deficit cognitivi oltre che da varianti fenotipiche facciali, anomalie congenite quali palatoschisi e cardiopatie, forme correlate con disabilità intellettiva lieve-moderata, disturbi dell’apprendimento e del comportamento. Anche altri EAR quali l’abortività e il basso peso alla nascita sono associati al consumo di alcol in gravidanza, motivo per cui la raccomandazione è: "zero alcol in gravidanza".
Il fumo in gravidanza aumenta il rischio sia di morbilità che di mortalità perinatale: in diversi studi è stata rilevata l’associazione con la morte improvvisa del lattante (Sudden Infant Death Syndrome, SIDS). Oltre a ciò si è evidenziato che altri EAR sono associati all’abitudine al fumo in gravidanza quali possibili deficit congeniti e infertilità maschile nel nascituro (7).
La supplementazione con acido folico per la prevenzione dei DTN non può sostituirsi ad una dieta sana ed equilibrata, ricca di frutta e verdura e quindi di folati. Pertanto, le due misure devono essere sempre associate (Fig. 1).
Gli specialisti devono informare che alcuni tipi di alimenti possono rappresentare un rischio per madre e feto: formaggi a pasta molle derivati da latte crudo e muffe, pâté (anche di verdure), fegato e prodotti derivati, frutti di mare crudi, pesce che può contenere un’alta concentrazione di metilmercurio. In gravidanza il consumo di caffeina (presente nel caffè, nel tè, nella cola e nel cioccolato) dovrebbe essere limitato a non più di 300 mg/die (9).
Diversi farmaci hanno dimostrato di avere effetti teratogeni. Tra gli antibiotici gli amminoglicosidi hanno evidenziato oto-tossicità, mentre le tetracicline alterazioni della crescita ossea. Sia l’introduzione che la sospensione di qualsiasi farmaco, anche da banco, deve essere valutata da personale medico. Alcune patologie croniche vengono trattate con farmaci potenzialmente teratogeni. Anche in questo caso ogni modifica della terapia deve essere valutata dal medico.
Altre malattie, come ad esempio il malassorbimento intestinale, influiscono sull’assorbimento dell’acido folico e quindi alle donne che presentano tali condizioni è indispensabile indicare un incremento della dose di supplementazione periconcezionale.
È stato evidenziato un aumento del rischio di MC in relazione al Body Mass Index (BMI). In particolare, alcune MC come quelle del sistema nervoso centrale e le cardiopatie congenite risultano aumentare progressivamente in relazione all’aumento del BMI (9, 10).
La prevenzione primaria per ciò che riguarda gli ambienti di vita va dalla riduzione dell'esposizione a prodotti chimici quali quelli impiegati per la pulizia della casa o per la coltivazione delle piante (si vedono a tal proposito le norme tecniche o le indicazioni di tossicità delle etichette) alla riduzione del rischio legato all'inquinamento ambientale che può essere ottenuto anche attraverso comportamenti individuali (ad esempio quando e dove uscire, scelta di percorsi).
Per ciò che riguarda l'ambiente di lavoro, la normativa nazionale vigente (D.Lgs n. 151 del 26/3/2001) in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità vieta di adibire le donne in stato di gravidanza a lavori in cui si fa uso di agenti fisici, chimici e biologici pericolosi e nocivi per la madre e il bambino.
Questa disposizione è stata riconfermata dalla normativa nazionale relativa alla salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs 81/2008).
L’uso di sostanze illecite durante la gravidanza aumenta il rischio di difetti congeniti, aborto, basso peso alla nascita e parto pretermine, e manifestazioni patologiche che possono presentarsi più tardivamente in età pediatrica come, ad esempio, disturbi di tipo comportamentale.
Diverse infezioni in gravidanza (Parvovirus B19, Listeria monocytogenes e infezioni sessualmente trasmissibili) possono determinare EAR quali aborto e malformazioni.
Per questo è importante la promozione di azioni protettive, così come la valutazione dello stato immunitario della donna prima del concepimento con particolare attenzione a rosolia, morbillo, parotite, varicella, epatite B (8).
La conoscenza e la consapevolezza dell’offerta assistenziale in gravidanza e del corretto utilizzo dei servizi disponibili rappresenta, in particolare nei gruppi vulnerabili, un elemento fondamentale nelle attività di prevenzione primaria.
Così come l'attivazione di percorsi informativi e di sostegno (Fig. 2) finalizzati a rimuovere i fattori di rischio sopra riportati (11).