Le reticoloistiocitosi sono un gruppo estremamente raro e clinicamente eterogeneo di malattie proliferative/infiammatorie dei monociti, di interesse principalmente dermatologico e reumatologico e accumunate dalle loro caratteristiche istopatologiche. All’interno del gruppo, si distinguono:
Il termine “reticoloistiocitosi” viene coniato nel 1950 da Zak, ma la prima descrizione di queste malattie risale probabilmente a Targett nel 1897. La loro incidenza è sconosciuta, ma si stima siano stati pubblicati circa 300 casi di RM, 100 casi di RS e meno di 30 casi di RD (spesso misdiagnosticata come RM sine artrite). L’età media di insorgenza è di 40-50 anni per la RM, mentre è inferiore nel RS e nella RD (35 anni). La RM colpisce prevalentemente il sesso femminile (rapporto M:F=1:3), mentre il RS e la RD colpiscono maggiormente il sesso maschile (rapporto M:F=1.4-2:1).
La RM si presenta spesso in soggetti affetti da malattie autoimmunitarie quali artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, sindrome di Sjögren, sclerosi sistemica. Inoltre, sia RM che RD possono associarsi a neoplasie, ma con modalità differenti. Circa un quarto dei casi di RM si accompagna allo sviluppo di tumori (generalmente carcinomi); al contrario, nei pazienti affetti da RD, la diagnosi della malattia è strettamente associata a quella di una neoplasia ematologica che nella maggior parte dei casi descritti è una leucemia mieloide acuta (LMA).
Ad oggi non si conosce l’esatta eziopatogenesi delle reticoloistiocitosi.
Nella RM la patogenesi sembrerebbe legata all’infiammazione sistemica; infatti nella RM sono incrementati sia i livelli sierici che sinoviali di varie citochine pro-infiammatorie (TNF-α, IL-1β, IL-6). Inoltre, la frequente associazione tra RM e malattie neoplastiche ha portato talvolta a considerare questa forma di reticoloistiocitosi come una sindrome paraneoplastica, quando invece è più probabilmente legata ad una generale condizione di infiammazione sistemica, non necessariamente secondaria a neoplasia. Infine, l’utilizzo di antagonisti di TNF-α e IL-1 si è recentemente dimostrato efficace nel controllare i sintomi della malattia, evidenziando ancora una volta lo stretto rapporto patogenetico tra RM e infiammazione.
Similmente alla RM, anche il RS sembrerebbe essere una malattia legata all’infiammazione ma come espressione di una reattività locale, come suggerito dalle frequenti descrizioni di associazione con traumi o punture d’insetto.
Delle tre forme di reticoloistiocitosi la RD è l’entità più rara e meno compresa, forse anche per la frequente misdiagnosi con RM, istiocitosi generalizzata eruttiva e malattia di Rosai-Dorfman. Dalla prima descrizione, nel 1982, almeno 7 casi riportati in letteratura sono associati a neoplasie ematologiche, di cui 6 associati a LMA. In un caso inoltre, è stata dimostrata l’associazione clonale tra reticoloistiocitosi e LMA con infiltrazione del midollo osseo da parte di entrambe le malattie. Questi dati sembrano suggerire per la RD, almeno in alcuni casi, una patogenesi proliferativa clonale del midollo ematopoietico, con disseminazione alla cute.
In nessun paziente affetto da RM e da RS è mai stata dimostrata una monoclonalità delle cellule della malattia. In un caso di RM è descritta la negatività della mutazione BRAFV600E.
Le tre entità RM, RS e RD sono differenziate in base alle caratteristiche cliniche ma la diagnosi di reticoloistiocitosi è squisitamente istopatologica. Di conseguenza, l’approccio diagnostico a queste malattie richiede l’esame istopatologico di una biopsia cutanea, oltre all’inquadramento clinico e all’esecuzione di esami radiologici e di laboratorio.
La RM si presenta clinicamente, nel 70% dei casi, per una poliatralgia. I sintomi e i segni, indagabili con metodica radiografica o con risonanza magnetica, sono legati allo sviluppo di una poliartrite erosiva, progressiva e simmetrica, interessate principalmente le articolazioni interfalangee distali, le metacarpofalangee e quelle del ginocchio e della spalla. Lo scheletro assiale e le altre articolazioni degli arti possono essere comunque interessate, sebbene con minor frequenza. In metà dei pazienti l’artropatia progredisce verso un quadro deformante e disabilitante (arthritis mutilans), mentre nei restanti casi può stabilizzarsi (40%) o regredire (10%).
Gli aspetti radiologici (lesioni erosive periarticolari ben delimitate senza rimaneggiamento osseo), quelli clinici (interessamento delle articolazioni interfalangee distali, lesioni cutanee) e la negatività per il fattore reumatoide e gli anticorpi anti-proteine citrullinate (CCP), permettono di differenziare la RM dall’artrite reumatoide, dall’artrite psoriasica e dall’osteoartrosi.
Nella RM le lesioni cutanee compaiono mediamente dopo 2-3 anni dalla comparsa della sintomatologia articolare e consistono in papule e noduli multipli di colore bruno-rossastro e di dimensioni variabili tra 0.1 – 2 cm di diametro. Le localizzazioni più comuni della malattia sulla cute sono quella juxta-articolare, sul tronco ed il volto. Caratteristica, a livello delle mani, è la disposizione paraonichiale in serie di piccole lesioni (segno della “collana di perle”). Un terzo dei pazienti sviluppa xantelasma. Sono stati occasionalmente descritti pazienti affetti da RM con coinvolgimento cardiaco, polmonare, faringeo, epatico e dell’apparato urinario talora con esito fatale. Le indagini di laboratorio non forniscono elementi diagnostici specifici, ma sono utili ai fini della diagnostica differenziale.
Nella RM non sono generalmente rilevati autoanticorpi al di fuori dei pazienti che presentano contestualmente patologie autoimmunitarie. Circa metà dei pazienti presenta incremento degli indici infiammatori ed un terzo alterazioni del profilo lipidico. Le analisi del fluido sinoviale possono contribuire alla diagnosi differenziale, escludendo la presenza di cristalli o di una artropatia settica. In alcuni casi è stata descritta la scomparsa dei sintomi della RM in seguito alla remissione di neoplasie a cui essa era associata. La prognosi della RM in sé è comunque buona e la malattia tende alla quiescenza dopo un decorso di circa 5-10 anni.
Il RS, al contrario della RM, è una malattia dermatologica nella maggioranza dei casi. I pazienti sviluppano lesioni singole, sotto forma di papule o noduli di colore bruno-giallastro, asintomatici e di diametro generalmente inferiore al cm. Nella maggior parte dei pazienti la lesione si localizza a livello del tronco, degli arti o della regione testa-collo. In alcuni casi è stata descritta la completa autorisoluzione del quadro cutaneo a distanza di pochi mesi dall’insorgenza. Le indagini cliniche e di laboratorio danno esisti negativi. Sovente la diagnosi di RS è inaspettata nel corso di una biopsia cutanea eseguita per la conferma istologica di un sospetto di nevo, di dermatofibroma o di carcinoma cutaneo. Recentemente sono stati descritti una serie di casi di RS a localizzazione extracutanea (nodale, palpebrale, orbitale e del canale uditivo) con storia naturale sovrapponibile ai casi con interessamento cutaneo.
La RD si manifesta generalmente con un’improvvisa eruzione papulare bruno-rossastra o giallastra generalmente asintomatica o al più legata ad astenia.
Le lesioni possono raggiungere i 2 cm di diametro e coinvolgono il tronco, gli arti e la regione testa-collo, similmente al RS, mentre risparmiano le regioni paraonichiali e juxta-articolari. La diagnosi differenziale richiede l’esclusione di quei casi di RM che si presentano con lesioni cutanee in assenza di artrite (la localizzazione delle lesioni è d’aiuto nell’inquadramento). Gli approfondimenti radiografici risultano negativi. In caso di alterazioni della crasi ematica può essere opportuno eseguire una biopsia osteo-midollare per escludere la compresenza di neoplasie ematologiche. Le manifestazioni cutanee hanno andamento cronico e possono aumentare in numero e/o dimensioni anche dopo trattamento.
Nelle reticoloistiocitosi, tutti i tessuti coinvolti (cute, mucose, sinovie) presentano microscopicamente un infiltrato dermico costituito da numerosi monociti di grandi dimensioni con nucleo cospicuo, nucleolo prominente e citoplasma chiaro, frammisti a tipiche cellule giganti, mono o multi-nucleate, con nuclei disposti in maniera disordinata nell’abbondante citoplasma eosinofilo e finemente granulare (a vetro smerigliato). A queste cellule si accompagna un contorno infiammatorio costituito principalmente da piccoli linfociti e granulociti neutrofili. L’epidermide e gli annessi sono risparmiati. Le cellule della malattia presentano immunofenotipo CD163+, CD68+, fascina+, fattore-XIIIa+, lisozima+, vimentina+, S100+/-, CD1a-, CD207-. Ormai aneddotica è la presenza di inclusioni citoplasmatiche pleomorfe e collagenofagocitosi in buona parte dei pazienti affetti da RM alle indagini di microscopia elettronica.
Se si esclude l’efficacia della biopsia come terapia risolutiva per il RS, al momento non esiste un consenso in merito al trattamento delle reticoloistiocitosi.
Recentemente, sulla base di una approfondita revisione della letteratura, è stato proposto un algoritmo diagnostico-terapeutico per la RM. Nei pazienti con malattia di grado moderato, i farmaci più efficaci sembrerebbero essere il prednisone (dose di attacco 0.25-0.6 mg/kg/die, con successivo decalage sotto i 0.15 mg/kg/die e mantenimento in base allo stato clinico) e il metotrexate (7.5-25 mg/settimana), associati o meno a FANS. In caso di mancata risposta terapeutica o in presenza di malattia di grado severo si possono considerare associazioni di prednisone e metotrexate, con eventuale aggiunta di un farmaco biologico anti-TNF-α (quali etanercept, infliximab, adalimumab). In terza linea possono essere valutate associazioni con altri biologici anti CD20 (rituximab) e con anti-IL-1 (anakinra). I bifosfonati vanno utilizzati con cautela e solo nei casi di mancato controllo della malattia oppure in presenza di concomitante osteopenia/osteoporosi.
Per quanto riguarda la RD, le lesioni cutanee possono permanere invariate nel follow-up senza riscontro di coinvolgimento sistemico anche per anni ed in assenza di trattamento. In due casi emblematici, le lesioni sono involute o risolte con l’utilizzo di PUVA terapia associata o meno a corticosteroidi intralesionali. Nei casi più drammatici di RD associata a LMA, la terapia prevede una polichemioterapia che tuttavia non sempre risulta risolutiva.
Le reticoloistiocitosi sono malattie estremamente rare ma potenzialmente gravi ed invalidanti anche in virtù della loro frequente associazione con malattie oncologiche.
Ad oggi solo due delle tre entità note sono collocate nella classificazione delle istiocitosi.
La RD è infatti dimenticata dai più, per via dello scarso numero di casi descritti, e perché sovente viene assimilata alla RM, supponendo che solo il numero di lesioni cutanee differenzi quest’ultima dal RS.
Ai fini diagnostici-terapeutici, sembra però opportuno separare le tre entità in base al numero di apparati e organi coinvolti; (la RM é una malattia multisistemica di interesse dermatologico e reumatologico, mentre le altre due sono unisistemiche di interesse esclusivamente dermatologico) e al numero di lesioni cutanee (singole nel RS, multiple nella RD), prestando attenzione alla possibile presenza di tumori solidi o neoplasie ematologiche associate.
Il follow-up diventa di estrema importanza per monitorare l’evoluzione della malattia, la risposta terapeutica e, ove possibile, la prevenzione di sequele invalidanti.
Il futuro deve essere rivolto al potenziamento della comprensione dei meccanismi eziopatogenici di queste malattie, ricorrendo anche all’impiego della diagnostica molecolare nella caratterizzazione delle diverse forme.
In conclusione, mentre al momento l’esigenza principale è quella di raggiungere la diagnosi di malattia in tempi rapidi e di identificare l’eventuale associazione con malattie neoplastiche o autoimmunitarie, le prospettive future sono rivolte al raggiungimento di un consenso e nel creare una piattaforma condivisa di esperti, atta a studiare i diversi aspetti clinico-patologici delle reticoloistiocitosi al fine di ottimizzare la valutazione diagnostica, prognostica e terapeutica.