Neonatal Screening in Europe Revisited: An ISNS Perspective on the Current State and Developments Since 2010
Loeber JG, Platis D, Zetterström RH, et al. International Journal of Neonatal Screening 2021;7-15.
L'update della International Society for Neonatal Screening (ISNS) sui programmi di screening neonatale (NBS) nei Paesi Europei, dal 2010 al 2020 raccoglie dati da 51 Paesi per lo più dell’Europa geografica. La popolazione totale di questi Paesi nel 2019 era di 915 milioni con 10.9 milioni di neonati. In Europa l'NBS è iniziato negli anni ’60 e si è diffuso da Ovest a Est nelle successive 4 decadi. Attualmente solo Albania, Kosovo e Tajikistan non hanno programmi centralizzati di NBS.
Dagli anni ’90 l'evoluzione delle tecniche di laboratorio (principalmente spettrometria di massa tandem–MS/MS) ha ampliato progressivamente l’elenco delle condizioni sottoposte a screening modificando e allargando i criteri iniziali di Wilson e Jungner. La copertura di NBS attuale nella maggioranza dei Paesi è superiore al 90% con alcuni Stati che raggiungono il 99% pur senza obbligatorietà dello screening (l’Italia su questo è un’eccezione).
Negli ultimi 10 anni c’è stata una parziale razionalizzazione del numero dei laboratori nei vari Stati (ridotti sia in Italia che in Francia) e alcuni Stati hanno abbandonato lo screening da cordone per uniformarsi e passare a prelievo da tallone su cartoncino (dried blood spot-DBS); il numero di Stati che offre materiale informativo ai genitori è passato dal 66% al 94%. Il consenso informato è richiesto nel 64% dei Paesi, come nel 2010, e il consenso per la conservazione del campione solo nel 30%. La mediana del tempo di campionamento da tallone è tra 48 e 72 ore (raccomandato non più di 72 ore) e il tempo di transizione, cioè tra prelievo ed analisi, nella maggior parte dei Paesi è correttamente di 2-3 giorni. Il tempo di conservazione del campione è variabile, da pochi mesi in Germania e Ucraina a 5 o più anni nella maggior parte dei Paesi. Alcuni Paesi rendono i risultati disponibili online o per email, altri trasmettono i risultati dello screening al medico curante o alla neonatologia di riferimento che li comunicano ai genitori solo in caso sia necessario un ricovero o un secondo prelievo.
Dei 48 Paesi con programmi centralizzati di NBS, attualmente 47 hanno lo screening per la fenilchetonuria (escluso Montenegro) e 47 tranne la Moldova fanno lo screening per l’ipotiroidismo congenito. Lo screening per la fibrosi cistica e la sindrome adrenogenitale (CAH) sono ora disponibili nel 50% dei Paesi, come pure, grazie all’introduzione di MS/MS anche gli screening per aminoacidopatie (leucinosi, Tirosinemia tipo 1, Citrullinemia tipo 1), acidosi organiche (aciduria glutarica tipo 1, acidemia isovalerica, acidemia propionica e metilmalonica) e difetti della beta-ossidazione (difetti di acil-CoA deidrogenasi a catena media o MCAD, difetti di idrossiacilCoA deidrogenasi a catena lunga o LCHAD, difetti di acil-CoA deidrogenasi a catena molto lunga o VLCAD).
Per altre condizioni identificabili con lo screening in MS/MS, il cui fenotipo è lieve o ambiguo o non chiaramente correlato alla presenza o assenza del metabolita identificato, la maggior parte dei Paesi ha scelto di non screenare perché ciò può causare un inutile stress alla famiglia. Un esempio è SCAD (deficit di acil-CoA deidrogenasi a catena corta), che è incluso tra i difetti screenati solo in 5 Paesi tra cui l’Italia. Sono aumentati anche i Paesi in cui è disponibile lo screening per galattosemia e deficit di biotinidasi. Nell’ultima decade hanno avuto sempre maggiore attenzione la SCID (immunodeficienza combinata severa) e X-ALD (adrenoleucodistrofia X-linked). Attualmente 7 Paesi fanno lo screening di routine per SCID e sono in corso in altri Paesi progetti locali o pilota per entrambe le patologie.
Per quanto riguarda le malattie da accumulo lisosomiale in Europa è diffusa l’opinione che non si abbia sufficiente evidenza per iniziare lo screening di massa. In Italia esiste un progetto pilota per 4 patologie lisosomiali che coinvolge due regioni, i Paesi Bassi hanno iniziato nel 2021 lo screening per la mucopolisaccaridosi di tipo I.
Gli sviluppi attesi a breve termine riguardano l’aggiunta di varie condizioni allo screening in alcuni Paesi, ad esempio CAH in Italia e Ungheria e galattosemia in Estonia. Dal punto di vista del laboratorio vanno considerati importanti avanzamenti l’estensione dell’utilizzo di MS/MS per altre patologie (es. emoglobinopatie) in alcuni Paesi, l’introduzione di NGS (next generation sequencing) e l’uso, soprattutto nei Paesi nordici, dell’applicazione postanalitica di R4S/CLIR [Region 4 Stork (R4S) and Collaborative Laboratory Integrated Reports (CLIR)]. Con questo sistema, i risultati di differenti analiti sono inclusi in un calcolo di probabilità che porta ad una migliore stima della probabilità che ci si trovi realmente di fronte ad una certa malattia. Le prospettive future più interessanti si basano sugli sviluppi metodologici e logistici: sono poco utilizzati in Europa la spettrometria di massa ad alta risoluzione per costruire profili di metaboliti, e CLIR per giungere ad una migliore valutazione del rischio. Si prevede che venga sempre più utilizzato NGS. Dal punto di vista logistico si prevede l'inserimento dei dati dei pazienti su un portale e non a mano sul cartoncino di Guthrie.
Da questa survey emerge il grande fermento che coinvolge i programmi di NBS nei vari Paesi dove, in misura maggiore o minore, si osservano continui progressi tecnologici. I risultati mostrano che i Paesi con tecniche più avanzate e con un maggior numero di condizioni testate sono quelli dell’Unione Europea, che dimostrano di rappresentare una comunità uniforme con scelte grossolanamente simili. Nonostante ciò questi Paesi non si sono dati alcuna regola o direttiva comunitaria e siamo ora in una condizione in cui le malattie screenate, i metodi analitici e di raccolta dei dati, sono diversi da un Paese all’altro ed è molto difficile riuscire a verificare la performance dello screening per la singola malattia rara a livello europeo. Sarebbe utile unificare almeno in parte alcuni aspetti per avere la possibilità di analizzare meglio i dati e ottenere informazioni a lungo termine sui risultati dello screening anche in termini di miglioramento della qualità di vita.
Si nota la differenza nel numero di condizioni screenate nei vari Paesi della UE, che vanno da 6 in Francia a 31 in Italia, nonostante la vicinanza di intenti e cultura all’interno della UE. Le differenze tra Paesi rispetto ai pannelli di patologie screenate sono molto ampie e non possono essere spiegate solo da fattori economici o da diverse frequenze delle patologie, in queste decisioni entrano gli orientamenti culturali nel singolo Paese, la volontà di intraprendere avanzamenti tecnologici, i rapporti dell’agenzia di screening con il governo centrale. Colpisce anche che in questo articolo non si faccia neppure un cenno allo screening del portatore che si sta sviluppando in molte regioni europee su canali rigorosamente di sanità privata. Lo screening neonatale e quello del portatore sono ovviamente interconnessi e sarebbe utile che i differenti operatori si incontrassero per parlare di programmi complessivi di screening che includono sia il neonato che la coppia a rischio.
In conclusione, lo sviluppo di sempre maggiori attività di screening che coinvolgono sempre più condizioni patologiche può essere visto come positivo, ma è assolutamente necessario uno sforzo comune, almeno dei Paesi UE, per essere in grado di analizzare i risultati dello screening (falsi positivi e falsi negativi, impatto sulle famiglie, follow-up a lungo termine) e prendere in merito decisioni di salute pubblica pesando, a ragion veduta, vantaggi e svantaggi. Come affermano gli autori, nonostante sollecitazioni, non sono mai state emanate direttive centralizzate dall’Unione Europea, ma possiamo sperare per i prossimi anni nell’azione da parte degli ERN.