In ambulatorio giunge E.D., un bambino di 9 anni inviato dal neuropsichiatra infantile, a cui era stato segnalato dal pediatra di libera scelta per sospetti disturbo della coordinazione motoria e deficit di attenzione ed iperattività. Effettivamente, alla valutazione, il neuropsichiatra infantile aveva notato una goffaggine motoria ed il racconto dei genitori era coerente con il sospetto di deficit di attenzione ed iperattività.
Quello che aveva inoltre colpito lo specialista era stata la notevole sofficità della cute e l’ipermobilità delle piccole e grandi articolazioni. Ricordando che tale combinazione di caratteristiche poteva avere una rilevanza clinica, in parallelo agli approfondimenti di branca, egli aveva richiesto una valutazione di Genetica Medica. In questo ambito, l’anamnesi mirata ha fatto inoltre notare che, da sempre, il paziente presentava una spiccata tendenza alla formazione di ecchimosi cutanee. Questo fatto, che era passato una volta anche per l’ipotesi di abuso domestico in occasione di un accesso al pronto soccorso, aveva imposto di sottoporre il piccolo a numerosi accertamenti nel sospetto, mai confermato, di una diatesi emorragica.
Inoltre, la coppia genitoriale riferiva di aver dovuto provvedere a delle soluzioni “domestiche” con fasciature preventive ed all’uso di calze spesse fin sopra al ginocchio, per evitare che il figlio tornasse a casa con lacerazioni cutanee alle gambe ogni volta che lo portavano al parco. Infine, era ormai da un paio di anni che il bambino lamentava periodici ed improvvisi “dolori di crescita” alle ginocchia, alle anche ed alle caviglie. All’esame obiettivo, si apprezzavano la presenza di cicatrici atrofiche sulla fronte (Fig. 1A), cute soffice ed iperelastica (Fig. 1B), papule piezogeniche ai talloni (Fig. 1C), svariate ecchimosi permanenti alle ginocchia ed alle regioni pretibiali (Fig. 1D), sclere grigio-bluastre, notevole lassità legamentosa in tutte le stazioni articolari esaminate (salvo i gomiti) con un indice di Beighton di 7/9, piedi piatti flessibili, un accenno a scoliosi, frenulo linguale ipoplasico.
L’antropometria era nella norma. Sono stati richiesti visita oculistica, valutazione audiologica con esame audiometrico e visita cardiologica con ECG ed ecodoppler cardiaco a riposo. Tale screening strumentale è risultato nella norma salvo per un lieve prolasso del lembo anteriore della valvola mitrale senza evidente rigurgito. Si è quindi proceduto ad analisi molecolare con pannello multigenico per sindrome di Ehlers-Danlos (EDS), che ha portato all’identificazione di una variante missenso de novo coinvolgente un residuo di glicina nel gene COL5A1. Questo dato, in assenza di varianti clinicamente rilevanti negli altri geni del pannello, ha permesso di confermare la diagnosi di forma classica di EDS.
Il termine “sindrome di Ehlers-Danlos” si riferisce ad un gruppo geneticamente eterogeneo e clinicamente variabile di patologie ereditarie del tessuto connettivo di natura sistemica e dovute ad alterazioni di geni principalmente coinvolti nella biogenesi delle fibre collagene o dei loro interattori. L’ultima nosologia, pubblicata nel 2017, ha identificato 13 diverse forme cliniche di EDS, associate a mutazioni in 19 geni diversi. Pertanto, ormai da tempo, si preferisce il termine plurale “sindromi di Ehlers-Danlos”, a testimoniare la notevole variabilità clinica e molecolare di questa condizione.
Le EDS sono malattie rare dominate principalmente da una aumentata estensibilità dei tessuti connettivi non ossificati, in particolare derma, legamenti/tendini/capsule articolari e vasi. Tale aumentata estensibilità può manifestarsi con un’aumentata fragilità. Questo secondo fenomeno ha manifestazioni cliniche variabili a seconda della sede anatomica coinvolta ed include (ma non è limitato a) fragilità della cute con alterato riparo delle ferite, predisposizione ai traumatismi articolari e rotture spontanee di organi cavi e di vasi di piccolo, medio e, più raramente, grande calibro. Pertanto, le EDS possono esporre chi ne è affetto a forme di disabilità cronico-intermittente o anche, in casi altamente selezionati, a morte improvvisa.
Il sospetto di sindrome di Ehlers-Danlos è sempre clinico e, benché spesso origini dall’osservazione di un singolo segno, dovrebbe sempre basarsi sulla coesistenza di un insieme di caratteristiche rilevabili all’esame obiettivo. In altre parole, al momento, non è ragionevole persistere nel sospetto di una EDS qualora alla visita non sia presente un “set” minimo di caratteristiche obiettive in accordo con i criteri diagnostici riportati nella corrente nosologia.
È, infatti, importante sapere che attualmente gran parte dei soggetti sui quali viene posto il sospetto di sindrome di Ehlers-Danlos risulta, in realtà, affetto da disturbi più comuni con un coinvolgimento sistemico più funzionale che strutturale (“disturbi dello spettro ipermobile”), oppure dalla variante ipermobile di EDS.
Tali condizioni, al momento, non dispongono di alcun test strumentale o di laboratorio di conferma e la loro diagnosi è esclusivamente clinica e, pertanto, da far formulare al medico esperto. L’eventuale sospetto di una forma a gene noto di EDS dovrà sempre essere confermato con un test genetico.
L’accesso sempre più diffuso alle tecniche di sequenziamento massivo parallelo ha agevolato molto la diagnostica molecolare in tutti i settori della medicina, incluse le sindromi di Ehlers-Danlos. Tuttavia, questo argomento rivela numerose complessità come, ad esempio, l’elevato tasso di mutazioni di splicing non canoniche e geni ad alta omologia con pseudogeni, pertanto difficili da analizzare con tecniche di sequenziamento di nuova generazione basata su short reads.
A questo si aggiunge la complessità interpretativa che spesso richiede una caratterizzazione fenotipica a priori molto dettagliata. Per tutte queste ragioni, la formulazione definitiva del sospetto e l’accertamento molecolare dovrebbero sempre trovare sede presso strutture altamente specializzate.
La principale diagnosi differenziale delle sindromi di Ehlers-Danlos sono i disturbi dello spettro ipermobile. Questo termine si riferisce ad un gruppo assai eterogeneo ed al momento poco compreso di quadri clinici, presumibilmente comuni, i cui sintomi essenzialmente muscoloscheletrici cronico-ricorrenti si associano a varie forme di ipermobilità articolare (generalizzata, periferica, localizzata, storica).
La diagnosi di disturbo dello spettro ipermobile solitamente rappresenta l’etichetta diagnostica che viene applicata ai soggetti che giungono a valutazione specialistica per sospetta EDS a seguito della combinazione di ipermobilità articolare e sintomatologia reumatologica non meglio definita ed in cui l’esperto non trova gli elementi per formulare una ipotesi sindromica.
La gestione clinica delle problematiche muscoloscheletriche dei disturbi dello spettro ipermobile è la medesima delle sindromi di Ehlers-Danlos.
Le EDS possono entrare in diagnosi differenziale con la sindrome di Marfan ed altre TGFβ-patie, le sindromi con cutis laxa, la malattia di Fabry, le neuropatie ereditarie sensitivo-autonomiche, l’osteogenesi imperfetta, la sindrome di Stickler ed, occasionalmente, le altre displasie ossee (molte delle quali condividono l’ipermobilità articolare con le EDS).
Da non dimenticare il non raro riscontro di una non trascurabile ipermobilità articolare in alcune sindromi genomiche emergenti.
Le principali manifestazioni cliniche includono il coinvolgimento della cute, dell’apparato muscoloscheletrico, dei vasi e degli organi interni. Il coinvolgimento mucocutaneo è più spiccato nelle forme classica sia dominante che recessiva (tipo 1 e 2), dermatosparassi e parodontopatica.
Il coinvolgimento muscoloscheletrico, in forma variabile, è prevalente nelle forme ipermobile, artrocalasica, cifoscoliotica, muscolocontratturale, miopatica e spondilodisplastica. Il coinvolgimento dei vasi e degli organi interni è dominante nelle forme vascolare e cardiaca-valvolare, ma può riscontrarsi anche in quelle classica e cifoscoliotica. Più raro, ma se presente caratteristico, è il coinvolgimento oculare nella forma cifoscoliotica e nella sindrome della cornea fragile.
Le sindromi di Ehlers-Danlos sono un gruppo emergente di condizioni genetiche di non raro riscontro in ambulatori ultraspecialistici dedicati alla dismorfologia ed alla genetica clinica.
Il recente aumento di interesse sull’argomento nella letteratura medica ha incrementato l’attenzione in vari ambiti specialistici, ma le EDS restano comunque malattie rare e, pertanto, confermabili solo in una piccola percentuale di individui sospetti. Il raggiungimento di una diagnosi definitiva è rilevante sia per comunicare una prognosi al paziente ed alla famiglia, sia per indirizzare il paziente verso un adeguato percorso di monitoraggio e, in casi specifici, di trattamento.