Il tema della sostenibilità della spesa per i farmaci e le altre terapie ad alto costo per le malattie rare (ad esempio, i farmaci innovativi, le terapie geniche, i prodotti medicinali di terapia avanzata, ATMP) è ampiamente discusso a livello nazionale ed internazionale. In Italia si presenta poi un’ulteriore complicazione legata al fatto che la maggior parte delle terapie farmacologiche indicate per il trattamento di patologie prima prive di una valida terapia sono rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), rappresentando quindi un costo importante per lo Stato.
In un contesto economico caratterizzato da scarsità di risorse, la sostenibilità del nostro SSN su base universalistica e un accesso equo alle migliori cure non possono prescindere da una attenta governance di tutti i trattamenti ad alto costo per le malattie rare.
La sfida odierna è quindi quella di riuscire a coniugare i successi dell’innovazione terapeutica con la sostenibilità economica, e con la finalità di garantire ai pazienti le migliori cure possibili.
L’attuale sistema di gestione della spesa farmaceutica, basato su tetti calcolati su dati storici e non attualizzati rispetto ai nuovi farmaci che abbiamo a disposizione, può risultare insufficiente a garantire un accesso equo ed universalistico alle cure, soprattutto a quelle di più recente registrazione e ad alto costo.
L’insufficiente allocazione di risorse per i farmaci è ulteriormente complicata dalla modalità di valutazione dei costi, ancora vincolata a silos distinti (spesa farmaceutica, spesa per i ricoveri, spesa diagnostica, ecc.). L’introduzione di un’innovazione determina quasi sempre un incremento di spesa nel corrispondente silos, anche in presenza di risparmi ottenibili in altri.
In questo contesto l'implementazione di percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (PDTA) per patologia permetterebbe l’integrazione dei farmaci evitando di considerarne il costo come un elemento all’interno di silos separati dal resto del percorso assistenziale. All’interno dei PDTA sarebbe poi proponibile un budget complessivo e modulabile delle attività che lo compongono. Disporre di un prospective payment system potrebbe rappresentare uno strumento innovativo per ridurre la spesa per ogni paziente e ottimizzare in modo adeguato la gestione dei pazienti cronici.
Un altro importante valore aggiunto del PDTA è rappresentato dalla multiprofessionalità e dalla multidisciplinarietà che consentono un lavoro di sinergia ed allineamento tra i professionisti nel definire e condividere il migliore percorso di presa in carico da un punto di vista clinico e di qualità di vita, nonché della “spesa” correlata, dell'appropriatezza e, quindi, sostenibilità.
Questi importanti strumenti di sinergia e condivisione tra professionisti dovrebbero acquisire una dimensione sempre più nazionale per essere realmente efficienti e rappresentare la base di un modello gestionale di spesa per patologia (cost of illness). Ciò permetterebbe una profilazione dei pazienti più accurata, consentendo agli stakeholder ed ai decisori di effettuare una adeguata programmazione ed allocazione delle risorse per la salute ed il welfare.
Parallelamente sarebbe necessario un maggior coinvolgimento da parte delle Aziende Farmaceutiche in percorsi di contenimento delle richieste e di negoziazione del prezzo dei farmaci, in particolare laddove si tratta di molecole che non necessitano grandi investimenti per la ricerca, quali quelle note per altre indicazioni (1).
Sarebbe inoltre necessario promuovere o sviluppare, analogamente a quanto fatto per i farmaci oncologici, nuovi modelli di contrattazione (payment at results, by result o altri sistemi “dinamici” di remunerazione e rimborso, ad esempio, sulla base del numero di pazienti trattati e sui risultati clinici ottenuti nel tempo) che attraverso adeguate forme di risk-sharing consentano alla terapia di arrivare ai malati rari, garantendo al contempo la tenuta complessiva del sistema in termini di sostenibilità, valutando la possibilità di differenziazione in base alla tipologia di terapia (genica, cellulare, tessutale, combinata).
Parlando di innovazione e sostenibilità non bisogna poi dimenticare la necessità di un continuo monitoraggio e miglioramento dell'efficienza della spesa farmaceutica sia rispetto all'appropriatezza prescrittiva che alle possibilità di utilizzo di farmaci generici e biosimilari o di alternative che, a parità di efficacia e sicurezza, permettano di liberare risorse da investire in terapie ad alto costo per i pazienti non responder o laddove non esistano alternative terapeutiche efficaci.
Il ruolo del farmacista ospedaliero risulta fondamentale anche nel contesto multiprofessionale e multidisciplinare della cura delle malattie rare, come professionista esperto nella valutazione farmaco economica e nella valutazione delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment, HTA), nel riconoscimento delle reali innovazioni terapeutiche, e nella promozione e sviluppo di percorsi clinico/gestionali/organizzativi volti a garantire la sostenibilità del SSN coniugando il diritto all'accesso alle cure nella real life.
L’istituzione del Fondo farmaci innovativi oncologici e non oncologici a livello centrale ha dato sicuramente un importante contributo a “sostenere” a livello delle singole aziende sanitarie e delle Regioni la spesa per questi farmaci che presentano, in molti casi, un importante impatto clinico legato alla risposta ad un bisogno terapeutico precedentemente non corrisposto, o ad un importante valore terapeutico aggiunto, e, spesso ma non sempre, alla robustezza degli studi clinici
Il Fondo, previsto dalla legge 11/12/2016 n.232, e successivamente confermato dal D.L. 25/05/21, n.73, è finanziato direttamente da AIFA, e permette di rendicontare la spesa sostenuta per i trattamenti rimborsando ai singoli enti le spese sostenute per l’acquisto dei medicinali innovativi.
Questo importante strumento, che garantisce la sostenibilità delle terapie valutate con innovatività piena da AIFA, non copre però tutti i farmaci ad alto costo per le malattie croniche e rare.
Occorre poi sottolineare come l’attuale Fondo, pari a 1 miliardo di euro, potrebbe non riuscire a coprire completamente le spese per i farmaci innovativi, alcuni dei quali hanno costi annui di centinaia di migliaia di euro per paziente. Inoltre, solo la metà dei 63 farmaci attualmente designati come innovativi hanno indicazioni per patologie rare non oncologiche.
Infine, va evidenziato come il Fondo farmaci innovativi oncologici e non oncologici impatti direttamente sul Fondo sanitario nazionale e sui fondi PNRR, a differenza di quanto accade per il Fondo per i farmaci orfani, istituito nel 2003 e finanziato da un contributo del 5% sulle spese promozionali delle aziende farmaceutiche.
Per molti anni, a causa della loro bassa prevalenza, le malattie rare sono state poco, o per nulla, attraenti per l’industria farmaceutica, che comprensibilmente preferiva sviluppare farmaci rivolti a malattie con grandi numeri di pazienti. L’introduzione di incentivi per lo sviluppo di farmaci destinati alla cura di patologie rare - nel 1983 negli USA, con l’approvazione dell’Orphan Drugs Act, e nel 2000 in Europa, grazie al regolamento approvato dalla Commissione Europea (Regulation N° 141/2000) - ha promosso la conquista di nuove e importanti frontiere in ambito terapeutico.
Alcuni farmaci hanno veramente cambiato la qualità e l’aspettativa di vita di pazienti affetti da malattie rare.
I prezzi di mercato di questi farmaci stanno tuttavia diventando sempre meno sostenibili per i sistemi sanitari che devono garantire a tutti equamente l’accesso a cure efficaci. Rendere disponibile un farmaco al paziente che ne ha bisogno è un imperativo morale e un obbligo legale; e quando per un certo paziente esiste un solo farmaco efficace, un SSN non ha altra opzione che pagarlo, qualunque sia il costo. Nei Paesi ove un servizio sanitario nazionale non esiste, una malattia che richieda un trattamento costoso è la causa più comune di bancarotta personale e familiare.
La problematica dei prezzi dei farmaci orfani è stata affrontata nel nostro Paese da un gruppo di studio che si è riunito a Ranica, in provincia di Bergamo, nella cornice del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, producendo due lavori pubblicati su The Lancet, e formulando proposte operative applicabili anche al contesto nazionale (2,3). Tali proposte tengono conto dei principi specifici del nostro SSN (Tab. 1) e mirano a coniugare la necessità di innovazione con sostenibilità e accessibilità.
Tre sarebbero gli interventi necessari e possibili, secondo gli autori:
In questo modo, e agendo come un attore unico, l’Unione Europea si troverebbe a negoziare da una posizione di forza morale ed economica.
La Rete Nazionale delle Malattie Rare, attiva nel nostro Paese dal 2001 e la cui struttura è stata recentemente ridefinita nel Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR) 2023-2026 con un Documento di Riordino, presenta le caratteristiche per realizzare efficacemente gli interventi in favore dei pazienti con malattie rare. I Centri di Riferimento e di Eccellenza con esperienza nella cura di pazienti con una determinata malattia rara, individuati secondo criteri condivisi, possono produrre prescrizioni validate (4).
Il potenziamento dei sistemi di Registro e raccolta dati renderebbe possibile controllare l’efficacia dei farmaci ad alto costo in un numero più ampio di pazienti e confrontare il decorso clinico dei pazienti che prendono il farmaco con quello dei malati che non lo ricevono.
L’esistenza di una Rete adeguatamente strutturata e monitorata potrebbe, infine, favorire la partecipazione dei nostri Centri ai progetti di ricerca clinica, garantendo un accesso precoce dei pazienti a trattamenti potenzialmente efficaci.
La sostenibilità degli approcci terapeutici è un elemento inscindibile dalla valutazione di appropriatezza, efficacia e sicurezza nella gestione dei percorsi di cura e nell’introduzione delle nuove terapie immunologiche e biotecnologiche, che vuol dire anche fare i conti con la gestione e il monitoraggio della spesa.
Come ha ben evidenziato la crisi del 2010 in Grecia, il collasso di un sistema sanitario nazionale ha delle ricadute importanti e colpisce soprattutto i soggetti più vulnerabili quali i bambini ed i malati rari. I tagli hanno minato l'efficacia del sistema sanitario, con carenze nelle cure specialistiche e nei servizi essenziali. La situazione ha messo in luce la cruciale necessità di politiche sanitarie proattive per tutelare la salute di questi gruppi sensibili (5,6).
Un “Patto fra generazioni” è essenziale per assicurare l'equità nell'accesso alle cure sanitarie per i malati rari, favorendo soprattutto i soggetti più giovani.
Occorre inoltre ridurre gli sprechi in modo mirato, evitando tagli lineari che potrebbero danneggiare servizi essenziali o di eccellenza. Inoltre, una collaborazione tra privati e SSN è fondamentale per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema, anche tramite accordi che non mirino solamente alla massimizzazione del profitto ma tengano in conto le esigenze dei pazienti e la sostenibilità del SSN.
È poi indispensabile un ricambio generazionale a livello dirigenziale ed operativo per permettere l’ingresso di nuovi approcci e idee volte a risolvere le problematiche esistenti.
Infine è cruciale coinvolgere le istituzioni, i pazienti, le associazioni e le aziende private per garantire non solo l'accesso a cure migliori, ma anche la sostenibilità a lungo termine.