La spettrometria di massa negli ultimi anni è diventata una tecnologia leader nella biochimica clinica, nella farmacologia e in particolare nella medicina preventiva dove si è dimostrata una tecnica altamente sensibile e versatile per i programmi di screening neonatale (NBS). Questo è dovuto principalmente sia ai progressi fatti dall'hardware e dai software di sistema, sia dallo sviluppo di diverse applicazioni cliniche che hanno permesso di ottenere informazioni sempre più efficienti ai fini diagnostici.
La storia degli screening neonatali inizia negli anni ’60, quando il dottor Robert Guthrie inventò un metodo per la diagnosi della fenilchetonuria, il più frequente disturbo del metabolismo degli aminoacidi, a partire da una goccia di sangue prelevata dal tallone del neonato e depositato su carta assorbente (1). Questo metodo oggi è considerato una pietra miliare lungo il percorso della scienza e della medicina moderna, avendo cambiato il destino di migliaia di individui in tutto il mondo.
Il "salto" successivo è stato compiuto trent’anni dopo, con l’introduzione della spettrometria di massa per l’identificazione degli errori congeniti del metabolismo (Fig.1).
La spettrometria di massa consente di effettuare l’analisi di più analiti contemporaneamente in un tempo relativamente breve su qualunque matrice biologica. Lo screening neonatale è sicuramente una delle applicazioni di maggior successo della spettrometria di massa negli ultimi 25 anni. Il suo uso nei programmi di NBS dà la possibilità di identificare oltre quaranta errori congeniti del metabolismo pochi giorni dopo la nascita. La maggior parte di questi difetti, se non diagnosticati e trattati precocemente, possono causare ritardo mentale, gravi disabilità e in alcuni casi persino portare a morte.
Tuttavia, l’alto numero di disturbi inclusi nei programmi NBS ha portato anche all'aumento del numero di bambini che vengono richiamati per un secondo prelievo (2). Infatti, si deve tenere conto che il test di screening non è un test diagnostico, si fa in assenza di segni e sintomi e serve a selezionare alcuni neonati che potrebbero avere una patologia. Alcuni di questi richiami sono falsi positivi dovuti a lievi alterazioni non confermate nel successivo test. Risultati di screening falsi positivi possono causare stress genitoriale e influenzare la relazione bambino-genitore (3). Una soluzione a questo problema è l’uso dei cosiddetti second-tier test, ossia di metodi più complessi e specifici che implicano l’uso della cromatografia per migliorare la predittività del risultato quando questo viene positivo al test primario. Questi test vengono eseguiti sullo stesso prelievo della nascita così da ridurre i costi di una eventuale ospedalizzazione e soprattutto non creare ansia non necessaria alla famiglia.
In Italia la Legge 104 del 1992 ha reso obbligatorio il test di screening neonatale per tre patologie: fenilchetonuria, ipotiroidismo e fibrosi cistica. Nel corso degli anni, alcune Regioni hanno introdotto altre patologie nel pannello degli screening neonatale con decreto regionale. La Regione Toscana è stata una delle prime Regioni ad attivarsi, fin dal 2004, con lo screening neonatale per le malattie metaboliche su tutti i neonati dei propri punti nascita. Tuttavia l’ampliamento dei programmi di NBS dettati dalle politiche delle singole regioni, hanno determinato una mancanza di uniformità nel numero di disordini testati alla nascita in tutto il paese. Per porre fine a questa disparità, è stata promulgata la legge nazionale 167 del 2016 che ha introdotto l’obbligo dello screening neonatale per le malattie metaboliche rare, permettendo a tutti i neonati del territorio nazionale di accedere indiscriminatamente a questo diritto. Attualmente, il pannello di screening uniforme prevede il test per quaranta patologie (Fig. 2).
Oggi l'uso della spettrometria di massa per test di secondo livello e test di conferma è molto promettente così come nella diagnosi precoce di nuovi disturbi con future prospettive di essere inseriti nel pannello nazionale.
Recentemente sono iniziati, anche in Italia, diversi progetti pilota per lo screening neonatale di alcune malattie da accumulo lisosomiale (LSD). Le LSD sono abbastanza rare e molti medici non hanno familiarità con le loro manifestazioni cliniche, così spesso la diagnosi avviene dopo che i pazienti hanno sofferto di danni irreversibili. Lo screening neonatale permette ai medici di seguire l’evolversi della patologia ed iniziare un trattamento precoce. Inoltre, l’incidenza di queste patologie è risultata essere molto più alta di quanto si pensasse in precedenza. Lo screening neonatale, oltre a rivelare la vera incidenza di questi rari disturbi, ha un enorme potenziale nel migliorare la comprensione della loro storia naturale e della variabilità nella presentazione clinica (4).
L’utilizzo di nuove piattaforme per l’analisi degli acidi nucleici ha recentemente permesso la messa a punto di un test di screening neonatale per l’identificazione delle immunodeficienze severe combinate (SCID).
Il test di biologia molecolare si basa su tecniche di amplificazione genica (PCR real time) di piccoli frammenti di DNA circolanti indicatori di una non completa maturazione dei linfociti. I bambini affetti da SCID nascono apparentemente sani, ma, avendo un grave difetto del sistema immunitario, possono subire precocemente danni gravi e irreversibili o, addirittura, andare incontro a morte a causa di infezioni che sarebbero banali per soggetti sani. Poiché una terapia precoce (che può essere un trapianto di cellule staminali o una terapia genica o una terapia enzimatica sostitutiva o con immunoglobuline) permetterebbe al bambino una vita normale, le SCID entrerebbero a pieno titolo nel mondo dello screening neonatale.
L’analisi genetica rappresenta l’ultima frontiera dello screening neonatale. Come per la spettrometria di massa, le innovazioni nel campo della ricerca hanno permesso lo sviluppo di avanzate tecnologie molecolari per il sequenziamento di gruppi di geni tra loro correlati (i cosiddetti pannelli genici) fino ad arrivare al sequenziamento dell’intero genoma o esoma. Tali test permetterebbero di identificare efficacemente la causa genetica di un numero ancora maggiore di malattie rare rispetto a quello ad oggi possibile con l’uso della spettrometria di massa (5).
Tuttavia, oltre al costo che comporterebbe l’eventuale messa in opera di un programma di screening neonatale basato sul sequenziamento genico, la possibilità di poter utilizzare una tecnologia cosi avanzata è sicuramente condizionata da complesse problematiche sia etiche che nell’ambito di salute pubblica, che ad esempio possono scaturire dall’identificazione di varianti genetiche benigne o di incerto significato clinico.
Per adesso, o almeno fino a quando il suo utilizzo non si dimostri più vantaggioso, l’analisi del DNA si pone a supporto dei programmi di NBS come metodo di conferma diagnostica.